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LA VITA È UN DIRITTO, NON LA MORTE

L'editoriale del vescovo, mons. Corrado Pizziolo

Parole chiave: morale (1), suicidio (3), vita (8), morte (18), etica (3), eutanasia (3)
LA VITA È UN DIRITTO, NON LA MORTE

È di qualche giorno fa la notizia di una persona trevigiana, gravemente ammalata e in fase terminale, che è stata messa in condizione di avviare lei stessa il dispositivo che le avrebbe iniettato un farmaco per farla morire. Si tratta di quello che viene chiamato “suicidio assistito”. La legittimità della scelta di questa persona, che il Servizio sanitario pubblico ha reso possibile, viene giustificata a partire da una sentenza della Corte costituzionale del 2019. Secondo i giudici della Suprema Corte non è legittimo applicare l’articolo 580 del Codice penale, che punisce chi “agevola l’esecuzione del proposito di suicidio”, a particolari situazioni (come quella in questione) che sono invece regolate dalle recenti leggi in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento.

In altre parole, occorre che in questa materia si faccia una nuova legge. Di fronte al fatto che questa sentenza sia invocata per mettere legalmente in atto il “suicidio assistito”, va anzitutto osservato che la Corte costituzionale rileva un vuoto legislativo ma non emana una nuova legge: fare questo è compito del Parlamento. In ogni caso, poi, il fatto che questa sentenza dichiari “non punibile” chi “agevola il proposito di suicidio” in determinate situazioni, non rende moralmente buona questa pratica.

Come ho già avuto modo di scrivere su questo giornale qualche anno fa (L’Azione del 6 ottobre 2019), ricordo ancora che – contrariamente a quanto molte persone spontaneamente pensano – non è una legge dello Stato a far diventare moralmente buono un determinato comportamento. Per fare un esempio: la legge sul divorzio o quella sull’aborto non hanno fatto diventare buona né la scelta di divorziare né quella di abortire. Tanto meno una sentenza della Corte costituzionale, che si limita a denunciare un vuoto legislativo, può rendere moralmente buona la decisione di togliersi la vita o di agevolare tale scelta. Entrando in merito a situazioni come quella avvenuta qualche giorno fa, va anzitutto ribadito che occorre evitare ogni giudizio sulle persone che, spinte da situazioni umanamente molto difficili e angosciose, giungono a fare la richiesta di essere aiutate a morire.

Tuttavia, sono del parere che la richiesta di eutanasia o suicidio assistito non sia, in realtà, una richiesta di morte ma di aiuto e accompagnamento, di sollievo e conforto di fronte alla prospettiva di vivere da soli il tempo della sofferenza e del dolore. In questo senso, ritengo necessario agire e impegnarsi di più affinché la nostra società e il nostro sistema sanitario (che in Veneto in più occasioni hanno mostrato tutta la loro capacità ed eccellenza) non lascino mai sole le persone e le famiglie nelle situazioni più difficili e delicate.

E, specialmente, va incentivato maggiormente il ricorso alle cure palliative che rendono più sopportabile la sofferenza nella fase finale della malattia. Se da un lato, quindi, è certamente necessario ribadire con chiarezza il “no” ad ogni forma di accanimento terapeutico, dall’altro va detto un grande “sì” alla vita rifiutando ogni forma di eutanasia e di suicidio assistito. La “libertà” che spesso viene invocata in questi casi è sempre una libertà orientata al bene e alla vita e non alla morte. È proprio nell’accoglienza di quel dono che è la vita che la libertà trova il suo senso. Ciò vale dall’inizio alla fine naturale dell’esistenza, anche nelle scansioni più travagliate in cui l’uomo sperimenta la sua fragilità. Procurare morte e accettare, per legge, la soppressione della vita nei momenti di maggiore difficoltà sarebbe sicuramente una perdita di umanità e di civiltà.

Per chi è credente, poi, tutto ciò assume un ulteriore e rafforzato significato per la fede nel Dio che è amore, misericordia, salvezza e vita. «Dobbiamo accompagnare alla morte – ha detto papa Francesco, all’Udienza generale del 9 febbraio 2022 – ma non provocare la morte o aiutare qualsiasi forma di suicidio. La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata. E questo principio etico riguarda tutti, non solo i cristiani o i credenti».

+Corrado, vescovo

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