Editoriale
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Primi, fragili passi di dialogo

L'editoriale del direttore de L'Azione don Alessio Magoga.

Primi, fragili passi di dialogo

Domenica scorsa in Francia e in Italia alcune rappresentanze delle comunità islamiche hanno partecipato alla messa nelle chiese cattoliche, per esprimere la loro vicinanza in seguito all’uccisione del sacerdote francese Jacques Hamel. Il gesto è stato promosso dalle principali associazioni islamiche francesi e italiane ed è stato accolto con slancio dalle conferenze episcopali. Ciò nonostante ha suscitato varie reazioni, anche di segno opposto, persino tra i cattolici. Basta dare una scorsa ai giornali e a quella sorta di “tritacarne” che sono i social per rendersi conto dei commenti “pepati” che ne sono scaturiti. Certo, forse sarebbe stata auspicabile – come si è fatto a Rouen – una celebrazione interreligiosa, in cui ciascuna delle due fedi si poteva esprimere secondo la propria identità e in termini paritari… Forse non ci sarebbero stati rischi di confusione e di “sincretismo”. Inoltre qualche gesto – animato dalle migliori intenzioni ma facilmente fraintendibile – poteva essere evitato. In una chiesa italiana, ad esempio, la distribuzione di un pane spezzato a fine messa quale “segno” di condivisione tra cristiani e musulmani ha generato dure critiche, perché è stato percepito come mancanza di rispetto nei confronti dell’eucaristia. Altri osservatori hanno giudicato la presenza islamica nelle chiese come gesto tardivo e poco significativo. Nel suo blog Duilio Albarello recensisce questo disagio: “Sembra già di ascoltare il coro dei cinici ‘cattivisti’: Non basta un abbraccio e una stretta di mano per risolvere il problema del terrorismo islamista!” 

Certo, si poteva far di meglio e far di più… L’impressione però è quella di chi non si accontenta mai. Se la comunità islamica non pone alcun segno e non esce allo scoperto, è connivente con l’estremismo! Se propone un gesto di solidarietà, come quello di partecipare alla preghiera dei cristiani, si devono vedere delle strumentalizzazioni o – peggio – un cedimento da parte del cattolicesimo o addirittura la capitolazione dell’Occidente alle mire egemoniche islamiste. Insomma, non va mai bene niente. E invece no! Questa volta si tratta di un segno importante. Forse è uno spartiacque o in ogni caso qualcosa che segna un passaggiochiave nei rapporti tra cristiani e musulmani. Qualche leggerezza e qualche fraintendimento sono da mettere in conto. Non siamo abituati a dialogare e a vivere momenti di preghiera insieme. Non lo abbiamo mai fatto. Certo, ci sono già stati in passato: basti pensare ad Assisi o a qualche altro incontro ufficiale tra le grandi religioni del mondo… ma molto poco si è fatto sul territorio, a livello di parrocchie. Non siamo abituati. Non sappiamo come si fa. Ci mancano l’alfabeto e la grammatica per fare o dire qualcosa insieme tra cattolici e musulmani. C’è tutto un cammino da inventare, che sta davanti a noi. Il gesto di domenica può segnare l’inizio di un percorso nuovo nei rapporti tra le due fedi, che ora possono confrontarsi e iniziare a dialogare sul territorio: non solo attraverso documenti pontifici o tra commissioni internazionali ma tra comunità concrete e persone reali, con un volto preciso. Sappiamo che sarà un cammino non facile – lo testimoniano le esperienze già avviate in terra di missione! –, ma certamente in linea con l’auspicato dialogo tra religioni indicato dal Concilio Vaticano II e perseguito con tanta tenacia da san Giovanni Paolo II. E poi c’è anche un altro motivo che domanda di non rinviare più questo dialogo e ne mostra la strategica opportunità. Come riconosce ancora Albarello, “la strategia del fondamentalismo islamico è quella del “tanto peggio, tanto meglio”: più cresce la frattura polemica e violenta tra Islam e Cristianesimo, in generale tra Islam e Occidente, più l’utopia teocratica e assolutistica del Califfato accresce la sua credibilità agli occhi di una certa parte – fortunatamente per adesso minoritaria – del mondo islamico”. Per questo, avviare processi di dialogo e “scambiarsi un segno di pace”, pur essendo dei piccoli gesti, possono contribuire efficacemente a smontare le critiche che stanno alla base dell’odio fondamentalista. Ed è proprio il dialogo tra religioni ciò che gli estremisti temono di più. Non facciamo il loro gioco!

Alessio Magoga

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