L'arte di educare
stampa

L'arte di educare. Compiti estivi

La rubrica di Matteo Pasqual

L'arte di educare. Compiti estivi

La Finlandia, in base alle ultime statistiche europee, si trova ai primi posti quando si parla di scuola, apprendimento e cultura didattica; eppure l’ordinamento finlandese reputa che fare i compiti a casa non sia la soluzione per aumentare le competenze degli studenti.

Non voglio cominciare qui una diatriba sulla necessità o meno dei compiti per casa nella quale farei fatica a districarmi, non essendo né un insegnante né uno psicologo scolastico, ma mi interessa approfondire un aspetto che ci riguarda tutti. Il fatto che i nostri ragazzi abbiano i compiti per le vacanze è un dato non appellabile e anche, spero, il fatto che a settembre dovrebbero essere stati svolti tutti.

I problemi il più delle volte non vengono dal “cosa” ma dal “come”; il problema dei compiti delle vacanze non è il fatto che ci siano ma che valore diamo noi adulti, e respirano di conseguenza i nostri ragazzi, in merito ai compiti.

Partiamo dal fatto che il compito è un impegno e che l’impegno costa una quantità di energie per poterlo portare a termine e che portandolo a termine io mi misuro su almeno due versanti.

Il primo è che ho concluso un percorso, sono arrivato al traguardo di un’esperienza, ho assunto una responsabilità quindi ho misurato me stesso e ne sono uscito vincente; in quest’epoca fatta di multitasking io mi illudo di poter fare 30 cose ma ne conseguo solo una maggiore distraibilità. Quindi terminare i compiti, anche quelli decisi nella piccola razione quotidiana, rilancia una stima di sé legata al successo, alla conquista.

Il secondo è che la conquista apre la strada ad un nuovo modo di essere felici, quello della compiutezza; al traguardo la gioia della vittoria restituisce i ragazzi ai loro giochi, hobby o passatempi estivi in un modo nuovo, rilanciando con maggior vigore le sfide dell’estate.

Come fare tutto questo? Un piccolo trucco ci arriva dalle ultime scoperte delle neuroscienze che ci dimostrano che associare emozioni positive al tempo dei compiti aiuta i piccoli ad approcciarsi a questi sempre in maniera maggiormente pervasiva e ad aumentare così la loro capacità empatica con il compito, qualsiasi esso sia e sarà.

Ecco allora che la palla torna a noi adulti, i compiti se li viviamo come una condanna, come un intralcio, un tempo di pesantezza, questo sarà anche per i nostri figli; se diverranno il castigo per le marachelle combinate, assoceranno l’emozione della rabbia o della vergogna e respingeranno il dovere rifugiandosi ovviamente nel piacere.

Inseriamo nel tempo dei compiti uno spirito nuovo, una pazienza ritrovata, una scommessa di successo, partiamo dal bene che c’è e smettiamola di sottolineare l’errore, la distrazione e la poca voglia, quelle le vedono anche i nostri ragazzi; facciamo una carezza di sostegno ma non risolviamo il problema perché siamo di fretta e diamogli il tempo di sbagliare, di correggersi e di ricominciare.

Il tempo dei compiti sarà una palestra anche per noi adulti, per incontrare nostro figlio in un terreno minato ma dal quale dobbiamo passare e sul quale possiamo far rinascere un nuovo domani.

L'arte di educare. Compiti estivi
  • Attualmente 0 su 5 Stelle.
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
Votazione: 0/5 (0 somma dei voti)

Grazie per il tuo voto!

Hai già votato per questa pagina, puoi votarla solo una volta!

Il tuo voto è cambiato, grazie mille!

Log in o crea un account per votare questa pagina.

Non sei abilitato all'invio del commento.

Effettua il Login per poter inviare un commento