Chi è Matteo Renzi?
L'editoriale del direttore de L'Azione don Giampiero Moret
Redazione Online
08/04/2014

Matteo Renzi è una novità. Ma una novità che è a tutt’oggi ancora difficile decifrare, non solo perché è passato troppo poco tempo da quando ha preso in mano le redini di governo, ma soprattutto per la rottura degli schemi tradizionali con cui si è presentato sulla scena politica. È un enigma che fa discutere e crea divisioni, prescindendo dagli schieramenti politici. Crea divisione nel suo stesso partito e divisioni anche nei partiti di opposizione. È nuovo e controverso il suo modo di comunicare, nuovo il modo di organizzare l’attività politica, nuovo il suo modo di vestire, di muoversi, di venire a contatto con la gente.

Ma soprattutto è nuovo il ritmo impresso alla vita politica italiana che suscita sentimenti contrapposti: per alcuni è come una vettura che viaggia a forte velocità, senza badare troppo ai cartelli stradali, con il pericolo di creare incidenti mortali; per altri è come un vento fresco di primavera che risveglia i campi aridi della politica. l presidente della repubblica Napolitano a volte pare che guardi con qualche apprensione, dall’alto della sua veneranda età, a questo giovane scatenato, ma alla fine gli mostra simpatia e fiducia. La scorsa settimana i due hanno avuto un colloquio e al termine sono apparsi entrambi sereni, anche se non ci sono stati comunicati ufficiali. Renzi era addirittura entusiasta e ha risposto con un “benissimo” ai giornalisti che gli chiedevano come era andata.

Il noto sociologo Luca Ricolfi domenica scorsa su La Stampa ha salutato il nuovo corso politico guidato da Renzi come “liberatorio”, perché ha abbattuto senza riguardi certi feticci e tabù della sinistra che avevano soffocato la politica e deluso molti militanti di questa parte. Il premier ha mostrato che “si possono criticare i sindacati, si possono stigmatizzare i disoccupati che cumulano sussidio e lavoro nero, si può tagliare la spesa pubblica per ridurre le tasse, si può parlare di flessibilità sul mercato di lavoro, si può criticare la magistratura (vedi la ferma difesa dei politici ‘solo’ indagati), si può dare dei ‘professoroni’ ai vati della cultura progressista. E in fine, eresia massima, si può essere d’accordo con Berlusconi su alcune cose”. a c’è chi pensa diversamente anche da sinistra. Il manifesto dei “professoroni” ha fatto certamente colpo. Il titolo è preoccupante: “Verso la svolta autoritaria”.

Accusano Renzi di intaccare il cuore stesso della democrazia mortificando il parlamento con l’uso esagerato dei decreti legislativi. A parole proclama la volontà di favorire la partecipazione e di sentire tutti prima di prendere decisioni importanti, ma poi salta con disinvoltura i primi interlocutori, cioè le forze politiche, appellandosi in maniera populistica alla gente. Il manifesto degli intellettuali accusa in modo particolare la riforma del senato: è vero che se ne parla da 30 anni, ma ora si procede in maniera superficiale e senza un disegno globale di riforme istituzionali, con il pericolo di stravolgere tutto l’impianto della Costituzione.

Eugenio Scalfari è un altro dei vati molto ascoltati e venerati nell’area di sinistra. La sua posizione nei confronti di Renzi è stata altalenante, ma ora pare che si sia fermata sul negativo. Nel suo ultimo sermone domenicale si domanda chi è Renzi e risponde: «Renzi è un populista che combatte il populismo in casa d’altri ma lo pratica in casa propria... Con le caratteristiche di Berlusconi, ma senza i vizi e i crimini di Berlusconi. È il figlio buono e bravo di Silvio».

Si sono presentate alcune posizioni nei confronti del nuovo leader del centrosinistra per aiutare a decifrare la novità della sua irruzione sulla scena politica. Elementi positivi ci sono, se non altro il coraggio di giocarsi tutto, di metterci la faccia, come ama dire, pronto a mettersi da parte se il suo tentativo fallisce. Questo non è poco, considerando che nella confusa democrazia del nostro paese non c’è mai un responsabile dei fallimenti e nessuno fa passi indietro.

Ma ci sono non poche ambiguità che non si riesce ancora a dissipare, soprattutto il tono populistico con cui presenta il suo programma e lo scivolamento verso forme di autoritarismo implicite in alcune riforme. Sono aspetti da controllare in maniera rigorosa. Un ultimo dubbio: non è che certe critiche e diffidenze nei suoi confronti, soprattutto da sinistra, siano motivate dalla sua appartenenza cattolica? Tutto è possibile in questa complicatissima realtà che è la politica