Coraggiosa proposta Caritas per la lotta contro la povertà
L'editoriale del direttore de L'Azione don Giampiero Moret
Redazione Online
16/07/2014

La povertà nel nostro Paese è un tema che non attira molta attenzione. Si parla spesso, ma genericamente, di famiglie che faticano ad arrivare alla fine del mese oppure che non ci arrivano per niente, per cui devono elemosinare da qualcuno anche il pane quotidiano. Prova di questa disattenzione è l’accoglienza avuta dal rapporto della Caritas italiana, uscito la scorsa settimana, che fa un bilancio dei disastri provocati dalla crisi e propone precise linee di politica per affrontare il problema della povertà in Italia. Mentre le proposte politiche sulle riforme istituzionali - senato e legge elettorale - intasano i mezzi di informazione, su queste concrete proposte riguardanti la lotta contro la povertà, silenzio quasi totale.

La Caritas ha sempre documentato con precisione la situazione di povertà economica e di esclusione sociale nel Paese. L’ultimo intervento è stato quello dello scorso marzo intitolato “False partenze”, ossia le illusioni dell’uscita dalla crisi smentite dai dati sulla povertà crescente. Il presente rapporto fa, per la prima volta, un passo ulteriore sfidando il governo con proposte precise e chiedendo se ci sta o meno. Due sono le domande poste al governo. Prima: “La lotta alla povertà è un priorità della politica?”. Se la risposta è no, allora tutto si riduce a continuare la politica di assistenzialismo debole e inefficace, attuata dai governi della cosiddetta seconda repubblica antecedenti la crisi. Ma tenendo conto dei proclami del governo Renzi e anche i tentativi degli ultimi governi, pare che ora ci sia questa volontà. Allora la seconda domanda: “In questa lotta si vogliono realizzare modalità di intervento nuove?”.

La risposta è incerta. Secondo le analisi della Caritas analizzando gli interventi degli ultimi governi si nota uno sforzo maggiore di contrasto alla povertà. Ne sono prova le varie “social card”, quella specie di buoni per acquisto di beni, e anche i famosi 80 euro di Renzi, qualora fossero concessi anche a chi ha un reddito inferiore agli 8 mila euro annui. Ma siamo ancora dentro una logica troppo assistenzialista, basata sul solo contributo economico. La Caritas ha l’audacia di proporre qualcosa di nuovo, elaborato insieme alle Acli e con l’aiuto di esperti in questo settore. Gli ha dato un nome nuovo: Reis, Reddito di Inclusione Sociale. Si tratta di una proposta articolata in punti precisi. Il Reis è un intervento che riguarda tutte le famiglie che vivono in “povertà assoluta”. È concesso a tutti i cittadini di qualsiasi nazionalità purché abbiano titolo valido alla residenza da almeno 12 mesi. Secondo l’Istat la povertà assoluta riguarda i nuclei familiari che non raggiungono un livello di vita “minimamente accettabile”, che vuol dire impossibilità di avere ogni giorno una porzione di cibo sufficiente, vivere in un’abitazione con energia e acqua calda, vestirsi decentemente, ecc. Gli ultimi dati Istat di lunedì scorso informano che le famiglie in condizione di povertà assoluta sono 2 milioni e 28 mila, pari al 7,9% delle famiglie e comprendono ben 6 milioni e 20 individui. Cifre scioccanti.

L’Istat stabilisce anche il reddito al di sotto del quale si è in questo stato di povertà. Con il Reis ogni famiglia riceverà mensilmente una somma pari alla differenza tra il proprio reddito e la soglia Istat di povertà assoluta. a non ci si limita a questo sussidio monetario, la novità è che ad esso si affianca un’azione per superare le cause per cui la famiglia è caduta in questo stato e quindi uscire stabilmente da questa situazione. Le cause sono diverse: mancanza di lavoro, malattia, disabilità, disagio psicologico, carenza educativa ecc. È necessario offrire a queste persone tutta una serie di servizi per superare queste cause di emarginazione. Coloro che usufruiscono del Reis in età tra i 18 e 65 anni, devono essere attivi nella ricerca di un lavoro e disponibili alle attività di formazione e alle offerte di lavoro dai centri per l’impiego. Chi si attiverà per tutto questo?

Altro punto di novità: il Reis è gestito a livello locale e quindi sono i Comuni i primi responsabili, ma insieme anche tutti quei soggetti che sono attivi nel campo dei servizi alla persona, i servizi per l’impiego, le cooperative sociali, le onlus, associazioni di volontariato. In questo modo tutti, anche le singole persone, sono chiamati a dare il loro contributo. Caritas e Acli si fanno promotori di un Patto contro la povertà chiamando a questa impresa tutte le forze sociali disponibili, però alla fine tutto dipende dalla volontà politica del governo che dovrebbe elaborare un Piano nazionale che predisponga le risorse necessarie e articoli le fasi precise della sua attuazione. Riuscirà il nostro governo a indirizzare lo sguardo anche verso queste persone, parte cospicua della popolazione, colpite più duramente dai dagli effetti della crisi?