A 40 anni dalla tragedia di Stava. Mattarella: “Serve una conversione ecologica”
Mons. Tisi: “Tradito il Creato”. La memoria delle 268 vittime diventa monito per un futuro sostenibile e comunitario
Agenzia Sir
21/07/2025
(Foto ANSA/SIR)

Il conforto ai familiari delle vittime, per tutti il richiamo a una “conversione ecologica”. A 40 anni dalla strage di Stava del 19 luglio 1985, causata dal crollo dei bacini di decantazione di una miniera di fluorite in val di Fiemme, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è fermato in commosso silenzio questa mattina nel cimitero di Tesero, deponendo poi una corona di 268 garofani bianchi e rossi, in ricordo di tutte le vittime della tragedia. Salutando i familiari, raccolti nel cimitero dove riposano i resti delle 71 vittime non identificate, Mattarella ha portato consolazione e solidarietà, in quella che ha definito “una tragedia nazionale”: oltre ai residenti trentini c’erano quel giorno nella valle di Stava anche villeggianti veneti, lombardi, toscani, emiliani e di altre cinque regioni.

Significativa la sosta del Presidente davanti alla croce in ferro collocata nel granito, la stessa alla quale “si aggrappò” Giovanni Paolo II nel 1988 rimanendo inginocchiato per qualche minuto in silenzio, durante la visita in cui il Papa denunciò il fatto che “nei confronti della natura ci sono anche leggi morali che non si possono impunemente trasgredire”.

Nella commemorazione presso il Teatro di Tesero, affollata anche di tanti soccorritori e volontari, Mattarella ha voluto sottolineare la lezione “dolorosa, ingiustificata e ingiustificabile” che non può essere archiviata come una parentesi. “Qui a Stava è accaduto qualcosa di sconvolgente, d’inaccettabile. Non è stata la natura ad uccidere. – ha precisato Mattarella richiamando l’esito del processo – È stata responsabilità delle imprese coinvolte, incuria, mancata vigilanza. In una parola: l’indifferenza al pericolo per le persone”. Dopo aver elogiato il lavoro di documentazione e di sensibilizzazione della Fondazione Stava 1985, Mattarella ha osservato che “Stava è il simbolo di un modo gravemente sbagliato di concepire l’attività economica, il profitto, il rapporto con l’ambiente, la valutazione dei rischi”. Ha quindi indicato la necessità di “riconciliarsi con l’ambiente: “Un nuovo sviluppo sarà possibile solo facendo convergere equilibrio ecologico, equità sociale, armonia nei territori”.

“Il progresso non si misura sulla base del profitto economico che se ne ricava, indifferenti ai costi sociali, ambientali, umani”, ha aggiunto il presidente della Repubblica citando poi il contributo dato 30 anni fa da Alexander Langer, “personalità acuta e inquieta, originaria di terre così vicine”, che parlava di “conversione ecologica” per indicare un processo che deve coinvolgere contemporaneamente cultura, istituzioni, economia, società.

Questa prospettiva ha trovato un magistrale approfondimento nella “lectio magistralis” affidata a Stefano Zamagni, economista, che ha rilanciato i criteri (“di origine francescana”) dell’economia civile per auspicare un sistema triadico che accanto a Stato e Mercato contempli anche la Comunità e valorizzi i beni relazionali e i beni comuni: “E l’ambiente lo è appunto, così come la pace”. Da non archiviare come “uno scempio da chiudere dentro una parentesi”, ma nel dovere di “riconciliarsi con l’ambiente”, senza più sfruttare le risorse della montagna “senza ritegno”.

L’opera dei soccorritori e dei volontari (molti dei quali presenti alla cerimonia) è stata evidenziata dal presidente della Provincia autonoma Maurizio Fugatti, mentre il sindaco di Tesero Massimiliano Deflorian ha detto che Stava diventa anche un simbolo di come una comunità “può reagire, restare unita, trasformare il dolore in coscienza”. Alla vigilia dell’anniversario la Via Crucis guidata dal parroco don Albino Dell’Eva fino alla chiesetta della Palanca ha trasformato il dolore in preghiera, proseguita questa sera nella chiesa di Sant’Eliseo a Tesero con la Messa presieduta dall’arcivescovo di Trento mons. Lauro Tisi. Nell’omelia ha letto la tragedia di Stava alla luce delle beatitudini: “Beati i miti – ha osservato – mentre quassù è venuto meno il dialogo con il Creato, la sua armonia, i suoi ritmi e le sue leggi, lasciando spazio all’arroganza dell’uomo, che diventa usurpatore del Creato. È mancato anche l’ascolto dei puri di cuore, di chi nella semplicità avvertiva i segnali di un pericolo incombente”.

Diego Andreatta