“Non mi interessano tanto le radici quanto piuttosto i frutti”. Ebbe a dire così, parecchio tempo fa, un monaco interpellato sulle “radici cristiane dell’Europa”. L’espressione, di primo acchito, può infastidire: “I frutti – verrebbe da obiettare – non vengono forse da una pianta che ha delle radici ben salde?”. Tuttavia, è pure vero che se ci si fossilizza sul passato, con un atteggiamento nostalgico e disincarnato, non si vive più il presente. E a noi, come ad ogni generazione, è affidato il compito (facile o difficile che sia) di vivere il presente (proprio “questo” presente), cercando di portare in esso, in tutti i suoi ambiti, la testimonianza del Vangelo e la differenza cristiana.
Questa considerazione appare quanto mai preziosa nella ricorrenza dell’anniversario dei 110 anni de L’Azione. Non si tratta, infatti, di fare memoria “dei bei tempi andati” né di celebrare, con superficiale ottimismo, una storia che, come ogni storia umana, in realtà porta con sé, insieme alle luci, anche delle inevitabili ombre. Varcare i 110 anni significa acquisire maggiore consapevolezza della propria storia – la storia da cui si proviene – per guardare al presente e al futuro, e per interrogarsi su che cosa significhi, oggi, essere un “settimanale diocesano”. È quanto mai necessario, infatti, rispondere ad alcune domande assolutamente urgenti: quali sono le sfide che oggi L’Azione, insieme agli altri settimanali diocesani, è chiamata ad affrontare? Come le sta affrontando? E, soprattutto, ha qualcosa da dire agli uomini e alle donne di oggi? C’è ancora futuro per questo particolare genere di informazione?
Guardare alla storia de L’Azione e ai suoi 110 anni, allora, deve aiutare a trovare le risposte per l’oggi, altrimenti è un esercizio sterile ed inutile. Il confronto con l’ispirazione che animò i fondatori del settimanale, in quel lontano autunno del 1914, deve ravvivare le motivazioni per l’oggi, per rischiare un “giornalismo diverso”, che sia attento agli ultimi, che sia informativo e formativo insieme, che dia voce alle comunità del territorio e alle sue storie “buone”, che non cerchi il pettegolezzo o il truculento che fa “vendere di più”, che non lisci il pelo ai potenti di turno… L’Azione deve proporre un’informazione che sia rispettosa delle persone (di tutte le persone) e che sia al tempo stesso libera, con l’onestà di dichiarare apertamente qual è il proprio punto di vista: cioè, quello di chi si lascia interpellare dal Vangelo e dalla vita delle proprie comunità.
Nelle pagine di questo numero, si potrà leggere ampiamente dell’impegno de L’Azione per stare al passo con i tempi, vale a dire le importanti innovazioni che sono state apportate nel modo di realizzare il giornale cartaceo (con un nuovo sistema grafico) e nella modalità di presenza sul web (con un nuovo sito). Anche queste sono sfide importanti, assolutamente da accogliere. E tuttavia restano sempre dei mezzi a servizio di ciò che il fine vero della comunicazione: le persone, le comunità, il Vangelo… Ed è qui, poi, che si vedono e si raccolgono i frutti.
Alessio Magoga