Tagli a UsAid: in ginocchio cooperazione e aiuti umanitari
Il peso delle scelte di Trump
Agenzia Sir
11/06/2025

Continua ad essere molto elevata l’allerta del mondo della cooperazione allo sviluppo, e di quello missionario, dopo lo smantellamento di UsAid voluto da Donald Trump. Più si procede verso uno scenario globale tragico, fatto di guerre infinite a Gaza e in Ucraina; di carestie che uccidono nel Darfur, e conflitto aperto in Sudan; di occupazione militare in Repubblica Democratica del Congo (con l’M23 sostenuto dal Ruanda), più l’apprensione degli operatori umanitari cresce.

“Si respira un clima di paura”. “Nel mondo della cooperazione allo sviluppo e in quello missionario a noi vicinissimo, come la realtà salesiana, c’è tensione per le conseguenze di questi tagli”, conferma Gianluca Antonelli, responsabile del dipartimento Finance della Ong Vis, spin off di Cooperazione dei salesiani in Italia. “Si respira un clima di paura: la tendenza è verso una decrescita generalizzata dell’Aid, ossia dell’aiuto”. Chiaramente, l’effetto domino si scarica nell’immediato sulle popolazioni più vulnerabili:“È lì che vediamo il contraccolpo dei tagli americani, anche perché a questi tagli si sommano quelli all’Aiuto pubblico allo sviluppo decisi dalla Gran Bretagna”, dice Antonelli.

La cooperazione arranca. Il futuro prossimo sarà dettato da una macchina della cooperazione multilaterale che arranca e da un contributo alle Agenzie Onu – da Unicef a Ocha al Programma alimentare mondiale – in caduta libera. “UsAid era infatti un donatore essenziale e di peso delle principali agenzie Onu”, avverte Antonelli. Il contesto nel quale operano i nostri missionari è progressivamente svuotato di sostegno economico.  “Posso dire che ci sono state ripercussioni anche in Sud Sudan – commenta suor Elena Balatti, missionaria comboniana –. Soprattutto nei campi profughi, in seguito ai tagli dei fondi UsAid. Tuttavia, alla Caritas di Malakal dove lavoro non abbiamo ancora avuto conseguenze dirette”.

La “supplenza” della Chiesa. La presenza della Chiesa italiana e internazionale tampona e compensa: ma quanto a lungo si potrà reggere? L’improvvisa fine dell’Agenzia Usa ha portato alla chiusura di centinaia di cucine comunitarie finanziate dagli americani nel Sudan in guerra. Il Paese, sebbene non faccia notizia, è ancora vittima della guerra fratricida tra esercito regolare e Rapid Support Forces. “L’esercito è entrato a Khartoum e ha ripreso controllo della capitale ma tutto quello che c’era prima, oggi non c’è più”, racconta suor Teresa Roszkowska, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, rientrata dal Sudan per motivi di sicurezza. La missionaria ci mostra il video appena arrivato, della cattedrale di San Mathew a Khartoum, completamente distrutta, dove “solo ora, dopo due anni di guerra devastante, l’arcivescovo è riuscito ad entrare per visitarla”.

Devastazioni e barbarie. “È molto triste e doloroso guardare queste immagini”, dice la suora. Si vedono la devastazione e la barbarie. La casa delle salesiane è stata il rifugio di centinaia di famiglie locali senza più abitazione.I bisogni restano però infiniti, eppure UsAid ha tagliato i fondi per le cucine pubbliche e di comunità.Il grande paradosso contemporaneo è che mentre i conflitti mondiali si cronicizzano e le vittime tra i civili aumentano (a Gaza sono arrivate a 60mila), gli aiuti calano. Anche Kenya, Afghanistan e Yemen sono tra i più colpiti dalla mannaia americana al food aid, fa sapere l’Osservatorio sugli aiuti di Better World Campaign. “La decisione di Trump ha portato a un 40% in meno di razioni di cibo e aiuti monetari nei campi profughi del Kenya”, si legge. Così come ferma è la distribuzione del ‘Good’s food’ il cosiddetto cibo di Dio, una sorta di alimento iper-proteico per i bambini malnutriti, fatto di burro di arachidi, frutta e vitamine, prodotto dalla onlus Mana Nutrition del missionario evangelico Mark Moore, foraggiato da UsAid.

Progetto in stand by. Sempre parlando di missione e di mondo salesiano, uno dei progetti considerati un fiore all’occhiello per il Centro Don Bosco delle Filippine è stato bloccato: il “Don Bosco Technical College”, noto come don Bosco Cebu, sorto a Cebu City nelle Filippine, doveva essere finanziato dagli aiuti degli Stati Uniti un centro studi all’avanguardia che avrebbe ricevuto fondi da qui al 2026 ma al momento è in stand by, almeno per quanto riguarda la parte di donazioni americane. «La cooperazione allo sviluppo italiana e il nostro Aps, Aiuto pubblico, sebbene abbia percentuali del Pil molto basse, non è stato ancora toccato, per fortuna”, spiega infine Antonelli. “Ma tutto attorno a noi cade a pezzi”.

Ilaria De Bonis

“Popoli e Missione”