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DIOCESI: Magarotto, "sacerdote di profonda vita spirituale"

Così lo ha tratteggiato al funerale il patriarca Moraglia

DIOCESI: Magarotto, "sacerdote di profonda vita spirituale"

Nel pomeriggio di ieri, mercoledì 27 gennaio, in cattedrale a Vittorio Veneto la liturgia eucaristica di commiato al vescovo Alfredo Magarotto. Ecco l'omelia del patriarca di Venezia Francesco Moraglia.

"Un cordiale saluto al vescovo Corrado, ai confratelli vescovi, ai presbiteri, ai diaconi, ai consacrati e alle consacrate, ai fedeli laici.

In silenzio, come era il suo stile, il vescovo Alfredo ci ha lasciati nella giornata di venerdì 22 gennaio. Monsignor Magarotto è entrato nella Casa del Padre e ora vive in Dio amato, non più nella fede e nella speranza, ma nella fruizione piena del Mistero totalmente donato.

La vita eterna è vita in pienezza, data in un istante a cui nulla può aggiungersi e nulla può sottrarsi. Il Paradiso è questa pienezza di comunione/amore, una vita beata concentrata in un istante che mai viene meno.

Monsignor Alfredo Magarotto era nato a Pernùmia (Pd) il 16 febbraio del 1927, quinto di nove figli, di cui quattro hanno risposto alla chiamata religiosa nella famiglia salesiana.

Dopo essere stato Vicario generale della Diocesi di Padova, fu Vescovo della Chiesa che è in Chioggia e, poi, di questa Chiesa che è in Vittorio Veneto.

Era un sacerdote dai modi garbati, pacato, di profonda vita spirituale, fedele nella preghiera che per Lui era, innanzitutto, una scelta di vita che non soltanto non gli impediva l’azione pastorale ma - come dev’essere - gliela facilitava.

Il vescovo Alfredo profondeva tutto se stesso nel ministero; non si limitava ad abitare “in” Diocesi ma abitava “la” Diocesi; non si definiva pastore - come oggi va di moda - ma lo era davvero. Era dedito al ministero e mai si tirava indietro, sapeva ed amava rendersi presente nelle diverse comunità diocesane.  

Diventato Vescovo emerito, aveva scelto di risiedere presso l’Opera della Provvidenza Sant’Antonio, a Sarmèola di Rubàno. L’età avanzata - fra pochi giorni avrebbe compiuto 94 anni - e la pandemia hanno avuto la meglio su un fisico ormai provato e affaticato dall’età.

Proprio l’anno scorso aveva tagliato il traguardo dei settant’anni di sacerdozio, essendo stato ordinato il 9 luglio del 1950. Il suo ministero aveva a fondamento la preghiera. Chi gli è stato vicino e l’ha assistito - anche in quest’ultimo periodo - dice la sua costante preghiera al Signore per ottenere sante vocazioni al presbiterato. 

La persona era pacata, discreta, misurata e, nello stesso tempo, determinata e ferma, tutt’altro che debole o arrendevole. La mitezza e la discrezione - prima che uno stile - erano il suo modo d’essere e facevano accettare anche le sue posizioni ferme e determinate come si richiede a chi serve la comunità, guidandola, come pastore.

Il Vescovo Alfredo aveva, come detto, un’intensa vita spirituale in cui preghiera e servizio pastorale si richiamavano a vicenda, accrescendosi reciprocamente. Rimane, in chi lo ha avuto come vescovo, il ricordo vivo del contatto personale, le visite frequenti ai preti, partecipava alla loro vita. Stava fra la gente e con i preti, sempre, con tratto sacerdotale.

Il suo motto episcopale - “Crescamus in Christo per omnia”, ossia “Cresciamo in ogni cosa nel Cristo” - è tratto dal quarto capitolo della lettera agli Efesini, dove leggiamo: “…agendo secondo verità nella carità cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo” (Ef 4,15).

Sì, Gesù Cristo era il fondamento e il centro della sua vita e da Lui, dal Cristo, si originava ogni altra relazione. Viveva, quindi, il ministero episcopale fondato nel Cristo e a partire da Lui. Era consapevole che il vescovo deve offrire al suo popolo Gesù, sapendo di dare - in Gesù - l’essenziale che è tanto più urgente quando chi sta dinanzi non ne ha consapevolezza.

Il suo motto episcopale sintetizza anche, e in modo felice, il Vangelo che è stato, or ora, proclamato, in cui Gesù dice: “Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo” (Mt 11,26-27).

Se un discepolo o una comunità non vivessero “in” Cristo, ogni cosa sarebbe infatti inutile, alla fine, tutto risulterebbe vano. Il suo motto ci svela, così, il suo animo; dice a Chi il vescovo Alfredo guardava e in Chi riponeva la sua speranza.

La sua vita si è svolta nella certezza che il Signore Gesù è il senso, l’origine e il fine di ogni uomo ed è il messaggio della prima lettura: ”Nessuno di noi (…) vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore. Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi“ (Rm 14, 7-9). 

Il suo attaccamento alla preghiera testimoniava, fra l’altro, la fedeltà ad un preciso impegno che il vescovo eletto, interrogato al momento dell’ordinazione, assume dinanzi a Dio, alla Chiesa e a se stesso: Vuoi pregare, senza mai stancarti, Dio onnipotente, per il suo popolo santo, per esercitare in modo irreprensibile il ministero del sommo sacerdozio?” (cfr. Pontificale Romano).

Al momento dell’ordinazione al nuovo vescovo viene chiesto se - in comunione con gli altri vescovi e sotto la guida del Papa - è disposto ad edificare la Chiesa, il Corpo di Cristo. Tale edificazione avviene soprattutto nella celebrazione eucaristica, la preghiera ecclesiale per eccellenza. 

L’eucaristia è pegno di vita eterna, pane che dona la vita nel tempo e nell’eternità; l’eucaristia è contenuta nell’umile gesto del pane spezzato e dice tutto il suo valore quando la vita degli uomini risulta irrimediabilmente spezzata; in essa, infatti, si annuncia la morte di Gesù e se ne proclama la risurrezione, nell’attesa della sua venuta.  

Attraverso l’intercessione materna di Maria, affidiamo a Gesù - Eterno e Sommo Sacerdote - il vescovo Alfredo che, quando era con noi, durante il suo cammino terreno, ha servito fedelmente ed ha edificato col ministero, la preghiera e la celebrazione eucaristica la Chiesa, sposa di Cristo.

I nostri sentimenti di cristiana vicinanza vanno alla Chiesa che è in Vittorio Veneto e al suo pastore, il vescovo Corrado, ai familiari, alla Chiesa che è in Chioggia e a quella che è in Padova, nella sicura certezza che il Signore ha vinto la morte e che il vescovo Alfredo partecipa di tale vita, la vera vita che nessuno può più togliere".

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