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Gli allevatori promuovono la costituzione della Sezione veneta dei suinicoltori

Il presidente di Arav, Floriano De Franceschi: “Con il marchio Italialleva e l'etichettatura d'origine salviamo il suino veneto”

Gli allevatori promuovono la costituzione della Sezione veneta dei suinicoltori

“Per salvare il mercato della carne suina occorre agire tempestivamente e portare avanti una linea compatta tra produttori. Distintività e valorizzazione delle produzioni tipiche sono le uniche modalità attraverso le quali possiamo uscire da questa pesante crisi. E l’etichettatura d’origine è l’unica via di scampo”. Con queste chiare parole il presidente dell’Associazione regionale allevatori del Veneto, Floriano De Franceschi, è intervenuto lunedì sera nella sede padovana di Arav, in occasione di un importante ed atteso convegno sull’etichettatura della carne suina. “È stato un momento di confronto proficuo – aggiunge il presidente De Franceschi – ed una volta di più abbiamo compreso quanto sia importante il confronto per la crescita della categoria. E si può crescere solamente se tutti i produttori vanno nella stessa direzione, compatti e fortemente motivati a lottare contro la proliferazioni di carni straniere che si spacciano per nostrane e contribuiscono a confondere il consumatore”. Al saluto del presidente di Arav, sono seguiti gli interventi di Rolando Manfredini, responsabile Sicurezza alimentare Coldiretti (Regolamento CE 1169/2011 sull’informazione al consumatore e regolamento attuativo etichettatura carni fresche suine), Pier Luigi Perissinotto, responsabile posizione organizzativa vigilanza sistemi di controllo e qualità delle produzioni agroalimentari - Regione Veneto (La Regione Veneto e le novità sulle normative inerenti l’etichettatura delle carni suine ed attività di controllo) e Maurizio Gallo, direttore Anas (Distintività e valorizzazione dell’origine della suinicoltura italiana), coordinati dal direttore di Arav, Adriano Toffoli. Sul versante dell’etichettatura dei prodotti, Manfredini ha evidenziato un quadro critico per le nostre carni suine: “l’indicazione di origine per la carne suina non riguarda il prodotto trasformato, quindi prosciutti, salumi, ecc… infatti, manca l’indicazione del “nato” (paese di nascita), ma può essere indicato il luogo di allevamento e quello di macellazione. Più in generale, si può utilizzare il termine “origine”, seguito dal paese in cui l’animale è nato, allevato e macellato”. Il caso del Canada fa drizzare le orecchie: nei paesi terzi la protezione dagli illeciti rispetto a Dop ed Igp dipende solo dagli accordi internazionali. L’accordo con il Canada, ad esempio, lascia coesistere le Ig europee con i marchi canadesi già registrati. E per otto Ig i produttori canadesi possono utilizzare anche la traduzione in inglese o francese (es. Parmesan). Il prosciutto di Parma, il prosciutto San Daniele ed il prosciutto Toscano potranno entrare nel mercato canadese, ma si assisterà alla coesistenza delle Ig con i marchi canadesi registrati. Le regole non mancano, ma la loro applicazione appare sempre farraginosa, sottolinea Perissinotto: “il prosciutto Veneto Berico-Euganeo è tra le Dop più diffuse, e non solo nel nostro paese. Ed è seguito dalla sopressa vicentina. Le nuove regole mettono in crisi il mercato di riferimento, poiché sono escluse dall’obbligo di indicazione dell’origine delle materie prime le carni trasformate (prodotti di salumeria) e le preparazioni a base di carne (spiedini di pollo e/o maiale, cotolette di pollo panate da friggere, ecc…)”. Da Gallo arrivano le proposte condivise con Arav: “la sostenibilità della suinicoltura richiede specializzazione e differenziazione produttiva, per intercettare meglio la domanda. Pertanto, la filiera per la produzione di alta qualità (Dop) dovrà essere nettamente distinta dalla filiera “italiana” per la produzione economica di carne e tagli magri. Occorre più efficienza per aumentare i ricavi a parità di risorse impiegate. Nella filiera Dop è necessaria la piena conformità, per far leva sui premi e non sulle penalità. Nella filiera “carne magra” per competere con i tagli di carne importati e valorizzare l’origine italiana”. Le osservazioni di un allevatore presente alla serata, Maurizio Milani, descrivono con pragmatismo la direzione dove andare: “dobbiamo abbandonare le divisioni per ritrovarci uniti a premere su istituzioni ed organizzazioni di categoria per completare la tracciabilità del prodotto suino comprendendo il nato ed anche il trasformato”.

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