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La Pasqua triste di cent'anni fa

Nel 1918 cadde il 31 marzo.

La Pasqua triste di cent'anni fa

Cent’anni fa la festa di Pasqua cadde il 31 marzo 1918. Era la terza di guerra per l’Italia, da quando il 24 maggio 1915 era entrata in guerra contro l’Austria-Ungheria. Quella del 1918 fu però per i rimasti al di qua del Piave anche la Pasqua col nemico austro-ungarico in casa, qui giunto dopo la disfatta italiana di Caporetto, che vide poi il nostro esercito trincerarsi sulla sponda destra del Piave, dopo aver fatto saltare tutti i ponti.

Quel giorno di gioia per la Resurrezione fu connotato per le popolazioni invase da una grave penuria di cibo. Erano infatti continue le requisizioni degli Austro-Ungarici, che saccheggiavano tutto il commestibile per sfamare una truppa sempre più a corto di viveri. In Diocesi già si contavano diversi morti per fame, che saliranno poi di molto fino alla sconfitta austriaca del 4 novembre.In quel giorno di festa ben pochi poterono festeggiare anche a tavola, salvo pochi che se la cavarono fortunosamente. È il caso di Isabella Bigontina Sperti, nata nel 1869 in una Cortina austriaca ed andata poi sposa a Belluno. Ella, dopo l’invasione, dovette alloggiare in casa il capitano austriaco Justiz, il quale per Pasqua si autoinvitò a pranzo da Isabella, che aveva il marito in Italia, richiamato alle armi per via del bando Cadorna. L’ufficiale nemico fornì in anticipo alla cortinese 6 kg di farina bianca di frumento ed 1 capretto. Con la farina Isabella confezionò un Kughelhupf (focaccia lievitata con mandorle ed uva sultanina) ed arrostì metà del capretto. Nell’occasione presero del caffè di “caffè” e non mancò (per i grandi) neppure un bicchierino di vera grappa. Nel dopoguerra Isabella fu incolpata di austrofilia, mentre durante l’invasione per il nemico era troppo italiana, perciò fu sorvegliata.Anche Valentino Marcon, soprannominato Tino Vidot, nato in Ceneda nel 1887, mezzadro a San Giacomo di Veglia del farmacista Marchetti e ferito di guerra sul Carso, riuscì ad imbastire un pasto di Pasqua per i tre figli piccoli e la moglie Anna. Quel giorno cucinarono ossa e un quarto di testina di vitello ricevute da una macelleria austriaca in cambio di uova; e fecero pure una minuscola polenta con le pannocchie nascoste in un doppio muro e macinandole col macinino da caffè. In casa Marcon ci furono pure delle nocciole e delle noci con un bicchiere (per i grandi) di Raboso veronese, vendemmiato nella sua vigna e spillato da una piccola damigiana sepolta sottoterra. Unico cruccio per Valentino: la mancanza assoluta di sale.Mario Sanson

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