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Quell'incontro con il parroco in banca che ha cambiato la mia vita

L'esperienza di Claudia.

Quell'incontro con il parroco in banca che ha cambiato la mia vita

In quest'anno pastorale siamo invitati ad approfondire l'esortazione di papa Francesco “Evangelii Gaudium”. Nel sussidio degli uffici pastorali allegato al numero dell'Azione del 20 novembre scorso e scaricabile qui sul nostro sito, vengono proposte le tracce per tre incontri sull'esortazione. Per rendere la lettura aderente alla concretezza della vita, è stato chiesto chiesto ad alcune persone di leggere uno dei brani e provare a raccontare cosa voleva dire per loro. Ecco la riflessione di Claudia.

Ci sono momenti della nostra vita che si stampano nella memoria diventando indimenticabili per quello che hanno prodotto di bello o anche di meno bello oppure faticoso. Non ho più dimenticato quello che mi accadde una mattina di circa 25 anni fa.

Mi trovavo nella banca del paese, ero in fila alla cassa, davanti a me il parroco del paese stava finendo la sua operazione bancaria. Ci salutammo freddamente; io, non nascondo, ne avevo timore: non era mai stato “buono” con me. Frequentavo poco la parrocchia e con mio marito eravamo stati costretti a parlare con lui della nostra situazione familiare quando chiedemmo il battesimo della nostra prima figlia circa dieci anni prima. La nostra era una situazione anomala poiché eravamo conviventi... Non potevamo sposarci perché mio marito era già stato sposato, ma avevamo deciso di formare una famiglia lo stesso. Ora le coppie conviventi sono la “normalità”, ma allora nei primi anni ottanta la cosa faceva effetto. La nostra situazione familiare non ci impedì di chiedere i sacramenti per tutte tre le nostre figlie e trovammo, a dire la verità, la comprensione del parroco che ci fece superare il senso d’inferiorità che sentivamo nei confronti degli altri genitori. Erano comunque passati alcuni anni mantenendo dei rapporti molto formali.

Ma veniamo a quel giorno in banca… Dopo il saluto mi sentii dire: “Ehi tu (chiaramente non poteva ricordarsi il mio nome) perché non vieni questa sera all’incontro delle catechiste?” Io lo guardai senza capire molto, mi feci forza e risposi senza respirare: “va bene, a che ora?” Ero incredula che l’avesse chiesto proprio a me. Il mio senso d’inferiorità nel non essere sposata era sempre lì in agguato. Ritornai a casa e raccontai tutto a mio marito e quella sera andai all’incontro rinunciando a un altro impegno senza pensarci due volte. Incominciai a fare l’aiuto catechista ma ben presto, vista la scarsità della categoria anche allora, mi fu dato un gruppo. Il parroco curava la formazione delle catechiste con incontri e con materiale che ci era di grande aiuto, ma io ne avevo di strada da fare per diventare “catechista”.

Senza dimenticare che una catechista convivente non era proprio il massimo (sempre a quei tempi…), ma il parroco difese sempre la sua decisione pur ricevendo telefonate poco gentili nei miei confronti. In quel periodo iniziò anche la causa di nullità alla Rota del matrimonio di mio marito che si concluse positivamente alcuni anni dopo. Non era più il parroco del paese ma venne a celebrare il nostro matrimonio. Non ho più smesso di “essere” catechista. Devo molto al parroco che ha avuto il coraggio di dirmi: “vieni!”. Posso dire che ha cambiato la mia vita, mi piace pensare (concedetemelo) che le “quattro del pomeriggio” possano accadere anche allo sportello di una banca.

Claudia

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