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VEGLIA DELLA PACE: l'omelia del vescovo Corrado che invita alla "conversione del cuore"

Si è tenuta ieri sera, nella chiesa dei Santi Martino e Rosa, a Conegliano

VEGLIA DELLA PACE: l'omelia del vescovo Corrado che invita alla "conversione del cuore"

Pubblichiamo di seguito l'omelia del vescovo Corrado, tenuta a conclusione della veglia della pace, che si è celebrata ieri sera nella chiesa parrocchiale dei santi Martino e Rosa a Conegliano. L'omelia commenta e attualizza il messaggio per la 56ma giornata della pace di papa Francesco alla luce del brano del vangelo di Marco, citato dal Papa stesso nel suo messaggio (Mc 7, 14-23). 

Perché è stato scelto questo brano di Vangelo? Per capirlo occorre andare al messaggio che il Papa ha inviato alla Chiesa e al mondo per la 56ª Giornata mondiale della pace. Dopo essersi fermato lungamente a parlare di ciò che può averci insegnato l’esperienza drammatica della pandemia e aver indicato anche dei frutti positivi che sono nati da questa esperienza negativa, il Papa osserva che proprio quando si pensava di poter vedere la luce al termine del tunnel costituito dal COVID-19 si è abbattuta sul mondo quello che lui chiama un altro flagello e cioè la guerra in Ucraina, frutto dell’aggressione colpevole da parte della federazione russa.

“La guerra in Ucraina miete vittime innocenti e diffonde incertezza non solo per chi ne viene direttamente colpito, ma in modo diffuso e indiscriminato per tutti, anche per quanti, a migliaia di chilometri di distanza, ne soffrono gli effetti collaterali, basti solo pensare ai problemi del grano e ai prezzi del carburante”. 
E qui fa un’osservazione molto evidente: se per quanto riguarda il virus del Covid19 è possibile mettere in produzione un vaccino che possa difendere coloro che sono colpiti, per la guerra un tale vaccino non si è ancora trovato. “Certamente il virus della guerra è più difficile da sconfiggere di quelli che colpiscono l’organismo umano, perché esso non proviene dall’esterno, ma dall’interno del cuore umano corrotto dal peccato”. E qui cita esattamente il brano che abbiamo appena ascoltato. 

Cosa dice Gesù in questo breve brano? Parlando alla folla in riferimento a tutte le prescrizioni legali dell’epoca che individuavano cibi puri e cibi impuri, Gesù dichiara che tutti gli alimenti sono puri: non è il cibo che rende impuro l’uomo; magari potrà fargli male allo stomaco o fargli crescere la pancia, ma non lo rende impuro. Ciò che rende impuro l’uomo non è il cibo, ma ciò esce dal suo cuore: “Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro, infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri eccetera eccetera. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo”.
Dobbiamo allora concludere che contro questo male che viene dal di dentro e produce frutti negativi attraverso pensieri, atteggiamenti e comportamenti non c’è proprio nulla da fare? Se lo chiede anche il Papa. 

Cosa, dunque, chi è chiesto di fare? Già ponendosi questo interrogativo (e dicendo “ci è chiesto”), fa capire che qualcosa è possibile fare.
Anzitutto ci è chiesto di lasciarci cambiare il cuore dall’emergenza che abbiamo vissuto. Il Papa torna a ribadire una cosa che ha più volte ripetuto: dai momenti di crisi non si esce mai uguali: se ne può uscire peggiori, ma se ne può uscire anche migliori. E perché possa realizzarsi questa seconda possibilità occorre lasciarsi cambiare il cuore. Non dice occorre cambiare il cuore, ma occorre lasciarsi cambiare il cuore.

Certo potrebbe essere anche possibile riuscire da soli a cambiare il proprio cuore, non si può escluderlo. Ma è molto difficile: il cuore può realmente cambiare se qualcuno te ne dà la forza; se qualcuno te ne dà la possibilità. E questo “qualcuno” non sempre sei tu, anzi ben raramente. Non che tu non lo desideri, ma questo cambiamento risulta per molti aspetti assai difficili, a volte addirittura impossibile. Lasciati in balia a noi stessi, cadiamo facilmente o nella presunzione (di essere capaci di cambiare da soli), o nello scoraggiamento quando ci accorgiamo che questa presunzione si è dimostrata illusoria. Presunzione o scoraggiamento: è tra queste due derive che spesso si muove la nostra vita personale, spirituale e relazionale. 

Il Papa ci sollecita a lasciare che sia Dio a trasformare i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà. Si tratta di una radicale conversione: non pensare più solo a salvare soltanto i propri interessi personali o di gruppo (del proprio gruppo naturalmente), ma “pensare e vedere sé stessi alla luce del bene comune, con un senso comunitario e cioè come un noi aperto alla fraternità universale”.

Potremmo sintetizzare queste frasi molto impegnative con una molto più semplice e più breve: il vaccino contro il virus della violenza, della guerra, del conflitto tra individui o popoli consiste nella conversione del cuore

Ricordo una frase che mi è rimasta impressa, pronunciata da un monaco, molto saggio e sapiente, morto molti anni fa, padre Pelagio Visentin, benedettino dell’abazia di Praglia. Eravamo andati, io e i miei compagni, per alcuni giorni di ritiro in prossimità dell’ordinazione diaconale. Erano gli anni in cui era in auge la teologia della liberazione, proveniente dall’America latina. “Cosa pensa della teologia della liberazione, Padre?” Gli abbiamo chiesto. Ed egli rispose: “Cari figlioli, tenete sempre presente che il cuore della liberazione è la liberazione del cuore”.

Ed è proprio così: i nostri rapporti umani, relazionali, sociali tra singoli individui e popoli possono trovare un modo giusto e corretto di essere vissuti soltanto se qualcuno ci libera il cuore (corrotto dal peccato dice il Papa) da quegli istinti, da quelli forze egocentriche e malvage che inevitabilmente ci conducono alla divisione e al conflitto. Certamente è importante e necessario anche il cambiamento delle strutture, e tuttavia se il cuore non si converte anche le strutture più belle non saranno affatto sufficienti

Chiediamo allora di poter ritrovare (noi anzitutto e poi come popoli e come umanità) la capacità e la forza di lasciare che Dio trasformi il nostro modo di vedere, di pensare e di discernere passando a quella prospettiva che il Papa ci indica: la prospettiva di un “noi” aperto alla fraternità universale.

+ Corrado, vescovo

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Dal vangelo secondo Marco (7, 14-23)

Chiamata di nuovo la folla, [Gesù] diceva loro: "Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a renderlo impuro". Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: "Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?". Così rendeva puri tutti gli alimenti. E diceva: "Ciò che esce dall'uomo è quello che rende impuro l'uomo. Dal di dentro, infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo". 

VEGLIA DELLA PACE: l'omelia del vescovo Corrado che invita alla "conversione del cuore"
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