Editoriale
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COSA DIRANNO DI NOI LE GENERAZIONI CHE VERRANNO?

L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga

COSA DIRANNO DI NOI LE GENERAZIONI CHE VERRANNO?

Come ci giudicheranno le generazioni che verranno? Che cosa diranno di noi, di quello che abbiamo fatto o non abbiamo fatto, di quello che abbiamo detto oppure non detto, in questi anni difficili? Che cosa diranno delle prese di posizione che ci sono state (e soprattutto non ci sono state) per la guerra in Ucraina? Per le marce, per le proteste e le manifestazioni che mancano? Per i canali diplomatici che non sono mai stati (o non sufficientemente) attivati? Per questa “inerzia bellica”, che si sta prolungando ormai da due anni, nonostante le (inascoltate) parole del Papa, nonostante gli inutili (e rari) sforzi dell’Onu...

Che cosa diranno del “dramma sul dramma” che si sta consumando in Terra Santa: del massacro inescusabile del 7 ottobre in territorio israeliano, che ha causato oltre mille morti, la maggior parte dei quali civili? Che cosa diranno dell’esecrabile massacro che si sta perpetrando sotto gli occhi di tutti nella Striscia di Gaza, dove il numero delle vittime civili – donne e bambini in modo del tutto speciale – ha superato l’ordine della decina di migliaia. Su tutto un profondo silenzio, perché avanzare delle critiche all’attuale governo israeliano viene facilmente tacciato di antisemitismo. Che diranno dell’immobilità dei Paesi occidentali: degli Stati Uniti, dell’Europa (Italia compresa)? Ma anche dell’immobilità dei Paesi arabi, per i quali la “causa palestinese” sembra più una pia intenzione (se non addirittura un puro pretesto) piuttosto che una vera e propria priorità politica...

Che cosa diranno le generazioni che verranno del mancato rispetto nei confronti del Creato e di tutte le altre guerre che anche papa Francesco ha ricordato nel suo puntuale discorso ai membri del corpo diplomatico lo scorso 8 gennaio: guerre aperte e sanguinanti che ci interpellano (o che dovrebbero interpellarci). Invece, siamo un po’ tutti anestetizzati o distratti, preoccupati delle nostre magagne personali o dei guai – al massimo – nazionali. Da noi tengono banco gli scandali degli influencer o le sterili polemiche tra maggioranza e opposizione che si consumano nei talkshow serali e sui social. Mentre si confermano nell’opinione pubblica, nel sentire comune, un profondo senso di impotenza e l’esiziale convinzione che, ieri come oggi, chi è più forte si prende tutta la torta.

Manca uno sguardo profetico che chiami le cose con il loro nome; manca una visione più ampia che faccia intravedere un futuro diverso da questo duro presente che faticosamente attraversiamo come a tentoni. Papa Francesco, nel già citato discorso al corpo diplomatico, ha affermato che oggi più che mai abbiamo bisogno dell’anno giubilare, che si terrà nel 2025, perché «di fronte all’oscurità di questo mondo, che sembra diffondersi anziché allontanarsi, il Giubileo è l’annuncio che Dio non abbandona mai il suo popolo e tiene sempre aperte le porte del suo Regno». A patto che non si riduca in una sterile “fuga spiritualistica”, il Giubileo potrà essere occasione per iniziare dei percorsi nuovi per provare a dare – singolarmente e comunitariamente – delle risposte più coraggiose, o semplicemente più adeguate, alle dolorose questioni che ci interpellano già oggi e che non possono più attendere.

Alessio Magoga

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