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IL FENOMENO “ZAIA”

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga

IL FENOMENO “ZAIA”

I giornali locali (ma anche nazionali) hanno titolato, martedì scorso, “trionfo Zaia”. E di una vittoria dalle proporzioni inusitate, in effetti, si è davvero trattato. A Mansuè, ad esempio, la sua coalizione ha ottenuto più del 90 per cento delle preferenze. Vi è chi imputa tale successo alla sua abilità dialettica e alla sua capacità comunicativa, sostenuta e potenziata da un’efficace équipe che ne cura l’immagine sulle varie piattaforme del web (e non solo). Altri trovano la causa dell’ampio consenso nella sovraesposizione mediatica per l’emergenza Covid (le “famose” dirette delle ore 12!). Altri ancora vedono nella sua capacità di intervenire (qualcuno dice “cavalcare”) le situazioni di emergenza – dalla tempesta Vaia, all’acqua alta a Venezia, a qualsiasi altro sinistro di rilievo – la ragione di questa popolarità strabordante. Le emergenze, per chi è al potere, possono diventare una grande opportunità per guadagnare consenso e, per certi versi, anche Conte ne ha beneficiato. (Tuttavia, bisogna riconoscere che si tratta di un’arma a doppio taglio: una gestione non oculata delle emergenze si trasformerebbe in un disastro per chi è al comando). Senza negare valore a queste considerazioni, va detto che le motivazioni del risultato di Zaia probabilmente sono anche altre.

Primo fra tutti, il suo legame con il territorio. Qualcuno accusa Zaia di “presenzialismo”, vale a dire di ricercare visibilità attraverso i numerosi eventi cui partecipa: dall’inaugurazione di una rotatoria, all’apertura di una mostra di prodotti locali, alla partecipazione al “via” di una corsa podistica... Tuttavia Zaia, non solo in questi ultimi dieci anni da presidente della Regione ma da quando è apparso sulla scena politica, ha intessuto un fittissimo ordito di relazioni: conosce il contesto in cui si muove e può contare su un numero importante di persone di fiducia, da cui poi ha tratto la sua squadra. Conosce le principali “partite” – come lui le chiama – che si giocano in Veneto: dal tema del Prosecco, a quello della sanità, all’autonomia... Si potrà discutere sul modo in cui le ha portate e le sta portando avanti (anche quelle citate, ad esempio, non sono esenti da forti critiche), ma in ogni caso Zaia dà (o è riuscito a dare) l’impressione che “è sul pezzo” sui temi che stanno a cuore ai veneti. Va poi segnalata la differenza rispetto a Salvini. Si tratta di una differenza di stile, che poi diventa anche differenza di contenuto. Al modo di proporsi di Salvini, Zaia preferisce una via più moderata. Con i cinesi, cui aveva rimproverato di mangiare animali vivi provocando la loro indignata reazione, ha ricucito lo strappo, intervenendo pubblicamente con una lettera di chiarimento. Con i giornalisti ha cercato di mantenere relazioni pacate e, per quanto possibile, amichevoli: resta emblematico l’episodio di Pontida del 2019, quando intervenne per ringraziare i giornalisti presenti, incurante dei fischi della folla (contro i giornalisti). Mentre Salvini ostenta simboli religiosi, Zaia si è sempre guardato bene dal farlo. Un altro episodio che ha palesato la differenza tra i due mondi (Zaia e Salvini) è stato quello della conferenza stampa nell’osteria di Verona: mentre Zaia parlava del batterio che aveva colpito dei bambini nell’ospedale di Borgo Trento, Salvini mangiava ciliegie, suscitando l’imbarazzo dei presenti. Molti osservatori, in questi giorni, chiedono con insistenza a Zaia se abbia di mira incarichi più ambiziosi (e quindi scalzare la leadership di Salvini). È molto improbabile che Zaia lo faccia, perché vorrebbe dire cancellare con un colpo di spugna il lavoro di quasi due decenni: da questo punto di vista, Salvini non dovrebbe avere nulla da temere. Tuttavia è lo stile-Zaia che deve impensierire Salvini: una forma di politica gridata e aggressiva, tendenzialmente affidata a slogan, alla lunga si rivela controproducente. Soprattutto spaventa un certo tipo di elettorato moderato, che è ancora maggioritario in Veneto e che Zaia rassicura. In quest’ottica, in Zaia si scorge una certa indole “democristiana”, da non intendere necessariamente con un’accezione negativa, tesa a smussare gli angoli, a trovare accordi... Non è anche questo il senso della politica, che è una continua ricerca di equilibrio tra posizioni diverse? Ai veneti, che sono un popolo prevalentemente concreto e pratico, anche se non mancano eccellenze nell’impegno culturale, sta a cuore che le cose funzionino. Esigono una sanità efficiente, delle infrastrutture adeguate, lo snellimento della burocrazia, il raggiungimento dell’autonomia... Non chiedono una pioggia di bonus né una politica di impronta assistenzialista, ma condizioni sufficienti affinché possano fiorire le imprese che fanno del Veneto uno dei territori nazionali (ed europei) più vivaci dal punto di vista economico. Tuttavia amministrare – come qualcuno ha messo bene in luce recentemente – non è ancora governare. A Zaia ora, con questa straboccante vittoria, è stata affidata una responsabilità enorme: quella di pensare al futuro del Veneto con un progetto e una strategia d’insieme e di larghe vedute. Ci riuscirà?

Alessio Magoga 

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