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IMPARARE LA LEZIONE DA CHI CI HA PRECEDUTO

L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga

Parole chiave: autenticità (1), credibilità (1), libro (9), don Dionisio (3), Bibano (3), testimone (3), cambiamento (3)
IMPARARE LA LEZIONE DA CHI CI HA PRECEDUTO

Fresco di stampa, è in distribuzione in questi giorni il volume “Don Dionisio Ragazzon, pastore amato”, che raccoglie ricordi e memorie di questo singolare sacerdote, che fu parroco di prima Mosnigo e poi di Bibano e morì durante la Via crucis del Venerdì Santo del 1982.

Una tale pubblicazione – ma anche altri lavori che intendono fare luce sulle figure di uomini e donne che ci hanno preceduto – chiede di interrogarsi sul perché, ad oltre quarant’anni dalla morte, vale la pena ricordare una figura come questa. Non si tratta forse di tornare su qualcosa di molto bello, che però appartiene ormai ad un’altra epoca? Ad una società e ad una Chiesa che non ci sono più?

Nel periodo in cui operò don Dionisio (quello che va dagli anni ’50 agli anni ’80) ogni parrocchia, anche la più piccola, aveva un suo parroco e magari aveva anche un cappellano ed una comunità di suore che si occupava dell’asilo. I ritmi della vita erano molto diversi: sia quelli della vita civile, sia quelli della vita ecclesiale. Il prete era il punto di riferimento della propria comunità cristiana – un prete per una parrocchia! – e il numero di fedeli che gli erano affidati gli consentiva di curare le relazioni e di vivere dei ritmi più equilibrati. Oggi la vita di un parroco è divisa tra più comunità, con un’ampiezza di adempimenti e di incombenze, che la rendano spesso piuttosto faticosa. Inoltre, il “senso” comunitario allora era molto sentito: famiglia e comunità non erano solo parole, ma realtà vissute in modo molto concreto e con un’identità ben chiara.

Certo, per non cadere in uno sterile rimpianto del “tempo che fu”, bisogna dire che non era tutto perfetto nemmeno allora. E se oggi siamo così – spesso chiusi in noi stessi, individualisti e secolarizzati – è perché già allora si stava prendendo una direzione che poi è diventato lo stile di tutti. Non si deve idealizzare il passato: quello che siamo è frutto di quello che, in germe, era in movimento già allora.

Che senso ha, dunque, guardare oggi ad una figura come don Dionisio? Il suo modello di prete e di uomo è necessariamente candidato al dimenticatoio, dal momento che quel modello di società e di Chiesa sembra ormai scomparso o comunque profondamente cambiato?

Alcuni aspetti sono certamente da lasciare andare. Ma altri restano. Resta, ad esempio, la sua profonda fede nel Signore: una fede forte, ben piantata per terra e concreta, che si nutriva di riflessione, di buone letture e soprattutto di lunghe ore trascorse in preghiera. Resta la consapevolezza della propria vocazione, della propria missione, del proprio “posto nel mondo”: quella di pastore della sua comunità. Don Dionisio si è speso – con una generosità commovente – per i suoi parrocchiani e per la sua comunità, perché ha creduto fino alla fine che fosse questo il suo compito e l’ha saputo onorare. Resta la sua capacità di relazione, la sua capacità di stare con le persone. Con tutti: con quelli che frequentavano; con quelli che chiedevano solo delle benedizioni e dei servizi; con quelli che avevano una visione “ideologica” diversa e non venivano in chiesa (ma don Dionisio andava da loro). Di questa capacità di relazione oggi abbiamo un enorme bisogno: preti e laici, dentro e fuori la chiesa, dentro la società civile... Abbiamo bisogno di persone che tessono relazioni, che sanno stare dentro alle situazioni, che costruiscono ponti e non muri (come direbbe Papa Francesco).

Pertanto, una figura come quella di don Dionisio è quanto mai attuale ed ha molto da dirci: la radicalità e l’autenticità che lo hanno caratterizzato lo rendono un testimone credibile ed attraente. Sta a noi lasciarci interpellare dalla sua figura e, ovviamente, anche da quelle di molti altri uomini e donne che ci hanno preceduto, che ci chiedono diventare a nostra volta persone e credenti più credibili.  

Alessio Magoga

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