Editoriale
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NEL CROCEFISSO, IL DOLORE DELL’UOMO E L’AMORE DI DIO

L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga

Parole chiave: crocefisso (1), passione (1), amore (1), croce (4), Pasqua (3), morte (18), salvezza (2)
NEL CROCEFISSO, IL DOLORE DELL’UOMO E L’AMORE DI DIO

Nelle nostre chiese, praticamente in tutte, ci sono dei crocefissi straordinari. Spesso sono molto antichi, di epoca medievale o tardomedievale, ed esprimono artisticamente la sofferenza di Cristo nell’ora estrema della croce. Sostando dinanzi ad essi – ne ho in mente alcuni che mi colpiscono ogni volta, come quello della chiesa di Godega e nel Duomo di Sacile – mi chiedo che cosa possa avere ispirato l’artista, quando ha scolpito sul legno il volto di Gesù. Forse le sembianze di un altro crocifisso che è servito da modello. Ma, in quelli più riusciti e sicuramente in quelli che ho citato, c’è la chiara sensazione di non trovarsi affatto dinanzi ad un’opera di maniera o ad una copia di tante altre copie. L’impressione è che ci sia un coinvolgimento personale dello scultore che interpella profondamente anche il fedele o il visitatore più distratto. Forse l’ispirazione è stata il volto di qualche persona cara accompagnata, con lo sguardo, sino all’ultimo istante; forse, in quel volto, si scorgono i tratti di un familiare, di un amico o di qualcuno che si è amato molto e i cui tratti dolenti si sono fissati per sempre, con intensa umanità, negli occhi e nel cuore dell’artista.

E, allora, quel crocefisso in qualche modo “parla” ed esprime il dolore e la sofferenza dell’umanità. Non il dolore di un’umanità generica o astratta, ma la sofferenza delle persone che abbiamo amato, forse anche la nostra sofferenza, quella dei nostri momenti più bui e più difficili. Il crocifisso diventa così simbolo del dolore umano: generazioni di cristiani – soprattutto i più umili e semplici, proprio i “piccoli” di cui parla spesso il vangelo – si sono ritrovate in quel volto e si sono sentite rappresentate e comprese fino in fondo da quell’uomo dei dolori “che ben conosce il patire”, come si esprime il profeta Isaia. Nel corso dei secoli, chissà quante persone – sicure di essere capite nelle proprie ferite – si sono fermate a dialogare, con intensità e commozione, con i crocefissi delle nostre chiese.

Per il credente, tuttavia, il crocifisso non è semplicemente uno specchio che riflette la nostra sofferenza. Sarebbe già molto, anche se avrebbe il semplice effetto di una pura consolazione: “Non sono solo nella mia sofferenza; ci sono tanti altri fratelli e sorelle che soffrono come e più di me…”. Sulla croce, non nonostante ma proprio grazie all’umanità di Gesù, è il Figlio di Dio che si coinvolge con la nostra storia e rivela, nella forma più alta possibile, fino a che punto Dio ami ognuno di noi. Il crocefisso ci parla del dolore dell’umanità, certamente, ma anche e soprattutto del dono di sé del Figlio e dell’amore di Dio per l’uomo. È questo il grande messaggio della croce di Cristo, che i crocifissi delle nostre chiese – spesso artisticamente davvero straordinari – dovrebbero ogni volta ricordarci: sempre, anche nell’ora del dolore, Dio è vicino a noi e ci ama.

Alessio Magoga

NEL CROCEFISSO, IL DOLORE DELL’UOMO E L’AMORE DI DIO
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