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CEI: "La Chiesa annuncia prendendosi cura delle persone"

Intervista a mons. Russo

CEI: "La Chiesa annuncia prendendosi cura delle persone"

La stagione sinodale, la sfida educativa, la crisi prodotta dal Covid, il Pnrr. Mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, in dialogo con i direttori dei media Cei: è il momento di mettere alla prova l’unità del Paese in una prospettiva di comunione: “Va reso ancora più chiaro che la Chiesa annuncia prendendosi cura delle persone. Parlare con parresia e ascoltare con umiltà sono le coordinate per evitare il rischio che il Sinodo si trasformi in ‘un bel Parlamento cattolico’”. E aggiunge: “Sono convinto che il laicato cattolico può dare un contributo straordinario anche in questa stagione particolare. Riferirsi sempre a un passato che non c’è più, rischia di farci perdere di vista la necessità di un protagonismo oggi”.

Eccellenza, i vescovi italiani tornano a incontrarsi di persona in assemblea generale dopo la pausa forzata dovuta al Covid. Con quale spirito e con quali attese?
È con gioia che ci ritroviamo dopo così tanto tempo. Portiamo con noi le sofferenze e le istanze delle comunità dopo un anno terribile segnato da una pandemia che, in questo momento, sembra allentare la sua morsa. Portiamo in Assemblea le attese di chi non ha smesso di sperare, di chi ha guardato alla Chiesa come a un sostegno e a una luce, di chi ci interpella sulle nuove sfide dell’evangelizzazione. Allo stesso tempo noi Vescovi arriviamo con un mandato preciso, conferitoci dal Papa: avviare un cammino sinodale. Un impegno che è responsabilità e che ci motiva ancora di più in questa occasione di confronto senza mediazioni digitali.

L’assemblea ha come tema “Annunciare il Vangelo in un tempo di rinascita. Per avviare un cammino sinodale”. Partiamo dalla prima parte: quali sono le coordinate indispensabili dell’annuncio in un periodo come il nostro segnato dalla pandemia?
Si tratta di tornare a tessere la trama delle relazioni personali. Il Vangelo che annunciamo non è semplicemente un contenuto, ma è una relazione che salva. È necessario rendere ancora più chiaro che la Chiesa annuncia prendendosi cura delle persone, proiettandosi al di fuori di sé soprattutto verso quelle che il Papa chiama le “periferie esistenziali”. La questione degli strumenti dell’annuncio viene dopo: in questo senso è importante anche saper utilizzare con sapienza i nuovi mezzi di comunicazione, di cui la pandemia ha messo in evidenza la particolare utilità. Vedo in questo un riferimento a quel processo di riforma cui il Papa, in diverse occasioni, ha invitato tutta la Chiesa: è un ritorno all’essenziale, ossia all’annuncio di Cristo e all’incontro con la sua Persona. La riforma, allora, non è solo richiesta per reagire alle difficoltà del tempo presente ma per essere sempre più fedeli al mandato del Signore.

Queste coordinate andranno declinate nel cammino sinodale. Il Papa, nel recente discorso all’Azione Cattolica ha già offerto alcune indicazioni concrete. Come va tradotto, ad esempio, l’accento posto su un cammino che deve cominciare dal basso?
Il Papa sottolinea una dinamica che fa parte dell’esperienza della Chiesa primitiva e che il Vaticano II ci ha riconsegnato quando ha parlato della Chiesa come popolo di Dio. Il “cammino dal basso” di cui parla Francesco si pone in questo solco e fa emergere la natura più vera della comunità cristiana. È necessario, cioè, partire dall’ascolto della comunità in tutte le sue componenti. Questa dinamica dà modo di recuperare il senso più vero della Chiesa come grande famiglia. Ne è conferma la Nota del Sinodo dei Vescovi per la XVI Assemblea Generale Ordinaria, sul tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”. La prima fase di questa Assemblea ha come scopo la consultazione del popolo di Dio nelle Chiese particolari. Si avvia un processo “dal basso”. Il cammino, dunque, percorre un sentiero condiviso.

Francesco ha anche detto che il cammino sinodale non deve diventare “un bel parlamento cattolico”. Come si può evitare questo rischio?
Vale la pena ricordare le parole del Papa ai padri sinodali durante la I Congregazione generale della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi. Era il 6 ottobre 2014 e si celebrava il Sinodo Straordinario sulla Famiglia. Queste le parole di Francesco: “Bisogna dire tutto ciò che si sente con parresia. Dopo l’ultimo Concistoro (febbraio 2014), nel quale si è parlato della famiglia, un Cardinale mi ha scritto dicendo: peccato che alcuni Cardinali non hanno avuto il coraggio di dire alcune cose per rispetto del Papa, ritenendo forse che il Papa pensasse qualcosa di diverso. Questo non va bene, questo non è sinodalità, perché bisogna dire tutto quello che nel Signore si sente di dover dire: senza rispetto umano, senza pavidità. E, al tempo stesso, si deve ascoltare con umiltà e accogliere con cuore aperto quello che dicono i fratelli. Con questi due atteggiamenti si esercita la sinodalità”. Parlare con parresia e ascoltare con umiltà sono due coordinate per evitare il rischio del “parlamento cattolico”.

La versione integrale dell'intervista nel sito www.agensir.it

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