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DIOCESI: il Vescovo nella festa di s. Tiziano: "Non scoraggiamoci!"

Il pontificale in Cattedrale

DIOCESI: il Vescovo nella festa di s. Tiziano: "Non scoraggiamoci!"

Domenica 16 gennaio il vescovo Corrado Pizziolo ha presieduto il pontificale in cattedrale a Vittorio Veneto nella festa del patrono San Tiziano. Ecco il testo integrale dell'omelia.

"La festa di San Tiziano cade quest’anno in un tempo ancora appesantito dalla pandemia, ma anche caratterizzato ecclesialmente da quell’impegno di riflettere e di muoversi nella linea della Sinodalità insistentemente propostoci da Papa Francesco.

Camminare insieme ognuno con il proprio dono. Così abbiamo intitolato il tratto di cammino che siamo chiamati a percorrere quest’anno e, sicuramente, anche i prossimi anni.

La seconda lettura che abbiamo appena ascoltato, tratta dalla Lettera ai Romani ci parla proprio di questo: Abbiamo doni diversi secondo la grazia di Dio data a ciascuno di noi.

Ma come percepire e conoscere… come valutare questi doni dati a ciascuno e come armonizzarli con quelli degli altri per camminare insieme? E’ questa la sfida a cui dobbiamo rispondere.

Mi sono soffermato - perché mi ha particolarmente colpito - sul versetto 3 del brano che abbiamo ascoltato. Siamo al capitolo 12 della lettera, dove inizia la parte cosiddetta “parenetica”, esortativa, dello scritto paolino e l’Apostolo introduce solennemente quello che sta dicendo appellandosi alla grazia di Dio che gli è stata data e che lo spinge appunto a dire ciò che scrive: Per la grazia che mi è stata concessa, io dico a ciascuno di voi…

La prima parte di questo versetto 12,3 sembra di puro buon senso umano: Non valutatevi più di quanto è conveniente valutarsi.

Sappiamo tutti, per esperienza, che chi si valuta in maniera esagerata va incontro ad amare delusioni e il suo modo di fare ha delle ricadute estremamente pesanti anche sulle altre persone che vivono con lui. Non valutarsi dunque più di quanto è conveniente valutarsi.

La seconda parte del versetto ribadisce invece proprio ciò che è auspicabile, giusto e doveroso fare: Valutatevi invece in maniera da avere di voi una giusta valutazione.

Avere una giusta valutazione di sé. Ma è proprio questo che non è facile fare ed è a questo che noi ci domandiamo come ci si arrivi.

È la terza parte del versetto che mi sembra la più interessante e originale perché dà un’indicazione precisa: Ciascuno si valuti secondo la misura di fede che Dio gli ha dato.

Per non valutarsi più di quanto è conveniente fare, per valutarsi in modo da avere una giusta valutazione di sé è necessario che questa valutazione, questo giudizio, questa presa di coscienza di se stessi avvenga per ciascuno “secondo la misura di fede che Dio gli ha dato“.

Che cosa significa “valutarsi ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato“?

Non è così facile e immediato spiegare bene questa espressione. Ma credo che si possa comprendere in questo modo: Tu avrai di te una giusta valutazione se saprai guardarti, conoscerti, comprenderti e viverti dentro ad un atteggiamento di fede.

Questa fede di cui parla San Paolo è l’atto di fede, l’atteggiamento di fede più che le cose a cui si credono; è la fides qua, per usare un’espressione teologica.

Non dimentichiamo poi che qui S. Paolo parla ai componenti di una comunità cristiana… e di una comunità cristiana particolarmente fervente come quella di Roma! Parla quindi a persone che – tanto o poco – hanno una vita di fede… a ciascuna delle quali Dio ha dato una misura di fede secondo il suo volere.

Non parla agli uomini in generale, anche se io credo che quanto dice ai cristiani possa essere valido per ogni uomo e donna di questo mondo.

Quanto più tu guarderai a te stesso con questo atteggiamento concreto di fede (fatto di ascolto, di fiducia, di affidamento, di disponibilità a lasciarti guidare dal Signore), tanto più avrai una valutazione giusta di te.

Normalmente noi (e non parlo degli uomini in generale, ma anche di noi componenti consapevoli della comunità cristiana) diciamo un’altra cosa: tu avrai una giusta valutazione di te alla luce dell’esperienza maturata, alla luce delle conoscenze e delle competenze acquisite, alla luce dei riscontri (dei feed-back) che ti vengono dagli altri e inoltre, molto importante, alla luce del contributo che le scienze umane potranno darti, in modo tutto particolare la psicologia.

Certamente c’è molto di vero in questo. E tuttavia non è tutta la verità. Se non altro a proposito anzitutto del nome che noi diamo alle nostre qualità.

Se non facessimo riferimento a un Donatore, le chiameremmo capacità o risorse, ma non doni.

Se non facessimo, poi, riferimento a quel Donatore buono che è il Padre di cui ci parla Gesù e del cui amore lui ci ha dato l’espressione e la misura, questi doni non verrebbero usati come ci indica San Paolo, cioè secondo la carità, nel dono di sé e agli altri.

Chiamandoli doni (come fa San Paolo) noi riconosciamo noi stessi, la nostra intera vita, le nostre capacità e le nostre risorse come frutto di una grazia data a ciascuno di noi. E superiamo la tentazione continuamente in agguato di considerarli proprietà esclusivamente nostra: “Che cosa possiedi che tu l’abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l’avessi ricevuto?” (1Cor 4,7).

E’ in questo modo che noi valutiamo in modo giusto ciò che siamo e ciò che abbiamo, riconoscendoci preceduti e accompagnati da una grazia, cioè da un amore gratuito che ci ha fatto dei doni per il bene nostro e insieme per il bene di quell’unico corpo di cui ciascuno è parte…di quel corpo in cui siamo membra gli uni degli altri.

Con la massima evidenza tutto questo non basta saperlo… Non basta quindi la fede intesa come verità rivelate. Le conosciamo! Ma quanta fatica facciamo a credervi davvero e a conformare a queste verità di fede il nostro sentire e il nostro operare! Mi limito ad una delle conseguenze di quella giusta valutazione di sé che Paolo ci indica come frutto della fede: “Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda!”.

È proprio per questo che quel camminare insieme a cui ci invita Papa Francesco richiede una profonda conversione. La richiede da parte di ciascuno di noi e dell’intera nostra comunità secondo la misura di fede che Dio ha dato a ciascuno.

In una cultura profondamente individualistica come quella in cui viviamo, non meravigliamoci se questa conversione è particolarmente impegnativa e difficile.

Penso però che i tempi in cui è vissuto il nostro patrono S. Tiziano che oggi festeggiamo non siano stati certamente più facili per realizzare quel camminare insieme che dovrebbe sempre caratterizzare la vita della Chiesa.

Non stupiamoci quindi delle difficoltà, della limitatezza di risultati che a volte deludono le nostre aspettative. Non scoraggiamoci!

Chiediamo invece di saper corrispondere alla misura di fede che Dio ha dato a ciascuno di noi, sicuri che ne ha dato ad ognuno in misura sufficiente!

Chiediamo insistentemente l’aiuto della grazia del Signore e l’intercessione di coloro che ci hanno preceduto nella fede e si sono sforzati di viverla anche in tempi più difficili dei nostri.

Penso a P. Cosma Spessotto, martire della fede in El Salvador e a mons. Albino Luciani prossimi beati.

San Tiziano, in modo tutto particolare, interceda per noi. Sia esempio luminoso di fede di speranza e di carità e sostenga con la sua intercessione anche il nostro cammino".

DIOCESI: il Vescovo nella festa di s. Tiziano: "Non scoraggiamoci!"
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