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GIORNATA DELLA MEMORIA: "Ricordare per impedire che si ripeta"

La riflessione di don Moret invita a "coltivare sentimenti di simpatia e pratiche di accoglienza verso tutti"

GIORNATA DELLA MEMORIA: "Ricordare per impedire che si ripeta"

Ogni anno il 27 gennaio si celebra la Giornata della Memoria dell’Olocausto, il genocidio del popolo ebraico compiuto dal regime nazista di Hitler. Olocausto è un termine religioso che indica, secondo le prescrizioni della Bibbia, il sacrificio a Dio in cui un animale veniva interamente bruciato, riconoscendo così Dio come il signore della vita. Il genocidio del popolo ebraico è stata la conseguenza dell’aberrante ideologia nazista che proclamava la fantomatica razza ariana come padrona della vita e l’unica degna di vivere. Una espressione della possibilità umana di darsi completamente al male, alla disumanizzazione totale. L’olocausto come il sacrificio dovuto al dio del male.

Bisogna mantenere viva la memoria di quello che è successo per porre una barriera alla sua ripetizione, che non è esclusa. Si resta infatti sgomenti nel constatare come il richiamo del nazismo - e delle sue varianti come il nostro fascismo - eserciti ancora attrattiva, come è testimoniato dai molti movimenti che ad esso si ispirano, nonostante la proibizione decretata dalla legge. È necessario reagire prontamente a tutte queste manifestazioni.

Ma per sradicare questo male bisogna andare alla sua radice che è dentro a ciascuno di noi. È necessario averne la consapevolezza per contrastarla nel suo primo germogliare. Noi siamo fatti per vivere insieme. Ma l’altro è anche fonte di timore perché può essere ostile, può essere mal intenzionato. E allora scatta la tendenza di stringere rapporti soltanto con chi ci appare come simile, pensando che sia il modo più sicuro per difenderci da chi ci appare come estraneo e pericoloso. È questo il momento generativo di tutte le separazioni, le divisioni e le conseguenti violenze reciproche. Perché a cascata passiamo facilmente dalla giusta valorizzazione della propria identità, alla affermazione della propria superiorità, alla svalutazione dell’altro, alla sua demonizzazione, alla sua eliminazione.

Per contrastare questa deriva, il pensiero liberale ha proclamato la necessità della tolleranza per cui si accetta che possa vivere anche chi è diverso. Si tratta di un primo passo necessario, ma non sufficiente. Non è sufficiente permettere all’altro di esistere, è necessario vedere nell’altro la possibilità stessa della propria esistenza. Si vive, ci si sente sicuri, si è felici solo se ci stringiamo gli uni gli altri in relazioni di simpatia, di solidarietà, di aiuto reciproco sulla base del semplice fatto di essere persone umane. Ma l’altro può farmi del male: è vero, perché anch’io, purtroppo, sento la tendenza a fare del male all’altro. Da qui il pericolo che si scateni la paura con tutte le conseguenze. Lo stop che si deve subito mettere a questa deriva, è l’avvicinamento progressivo, il cercare di conoscersi, di dialogare, il trovare punti di contatto, di scoprire nell’altro tesori che io non ho, fino trovare modi di difesa non violenti ad eventuali aggressioni.

Per bloccare sul nascere gli estremismi dei movimenti neonazisti e neofascisti è necessario rifiutare ogni preteso primato o supremazia degli uni sugli altri, coltivando sentimenti di simpatia e pratiche di accoglienza verso tutti.

Gianpietro Moret

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