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Il Coronavirus e la libertà di stampa

Secondo il report dell’ong Reporter senza frontiere (SF) la pandemia esaspera le difficoltà del mondo dell'informazione

Il Coronavirus e la libertà di stampa

Nei giorni scorsi, in occasione della pubblicazione dell'edizione 2020 del “World Press Freedom Index”, l’ong Reporter senza frontiere (RSF) ha sottolineato che la pandemia di Coronavirus sembra inasprire i problemi già esistenti del giornalismo globale. L’emergenza della salute pubblica, si va ad aggiungere infatti ad altre criticità presenti, come la crisi economica e geopolitica.

Per questa ragione, secondo RSF, l'indice del 2020 mostra che i prossimi dieci anni saranno cruciali per la libertà di stampa a causa delle crisi convergenti che incidono sul futuro del giornalismo: una crisi geopolitica (dovuta al aggressività dei regimi autoritari); una crisi tecnologica (a causa della mancanza di garanzie democratiche); una crisi democratica (dovuta alla polarizzazione e alle politiche repressive); una crisi di fiducia (dovuta al sospetto e persino all'odio nei confronti dei media); e una crisi economica (impoverimento del giornalismo di qualità).

Queste cinque aree di crisi sono ora aggravate da una crisi globale della sanità pubblica che permette a governi autoritari di adottare misure altrimenti impossibili, traendo vantaggio dalla sospensione della politica e dell’impossibilità di protesta da parte della popolazione.

L’Ong indipendente, a cui è stato riconosciuto lo status consultivo presso le Nazioni Unite, classifica ogni anno i Paesi  del mondo secondo il livello di libertà riconosciuta ai giornalisti e in questi primi mesi dell’anno ha documentato non solo l’approvazione di leggi evidentemente eccessive ma anche gli alti livelli di censura praticate sulla pandemia, mostrando un forte legame tra la posizione del paese nell’indice e il livello di libertà sul tema da parte dei media.

Sia la Cina (177esimo posto su 181 Paesi) che l'Iran (173esimo) hanno censurato ampiamente i loro maggiori focolai di Coronavirus. O ancora in Europa si pensi all’Ungheria (89esimo), che ha approvato una legge sul Coronavirus con pene detentive fino a cinque anni per false informazioni, una misura completamente sproporzionata e coercitiva.

Le implicazioni della pandemia nell’informazione attraverso le fake news hanno indotto le stesse Nazioni Unite ad impegnarsi per contrastare la disinformazione e la diffusione di fatti scientifici accertati riguardo al virus, che è seguita alla mancata condivisione di informazioni e dati epidemiologici a livello internazionale a seguito del diffondersi del Covid-19.

Per completezza dei dati di questa speciale classifica troviamo la Norvegia al primo posto seguita dalla Finlandia, Danimarca e Svezia. L’Italia si trova al 41esimo posto per il significativo numero di giornalisti sotto scorta a causa di gravi minacce o tentativi di omicidio da parte della mafia. 

L’ong RSF punta sulla trasparenza e la diffusione tempestiva dei dati da parte dei governi sull’emergenza sanitaria. La credibilità in questi tempi di crisi dipende dalla disponibilità e dall’accesso alle informazioni provenienti da fonti ufficiali, che però non possono sostituirsi alla libertà di stampa.

Enrico Vendrame

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