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ASTENSIONISMO, UNA QUESTIONE GRAVE

L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga

ASTENSIONISMO, UNA QUESTIONE GRAVE

Le regionali di Lombardia e Lazio di domenica scorsa hanno visto la netta affermazione dei candidati del centrodestra. Entrambi i candidati hanno vinto ottenendo oltre il 50 per cento dei voti. Fratelli d’Italia risulta il primo partito in entrambe le Regioni; la Lega risale lievemente, almeno rispetto alle politiche; Forza Italia ha un andamento più oscillante. Sull’altro versante, resiste il Partito democratico, che mantiene sostanzialmente il suo bacino di voti, mentre il Movimento 5Stelle e Azione-Italia Viva non ottengono risultati soddisfacenti: piuttosto clamoroso il risultato di Bianchi in Lazio e di Moratti in Lombardia. Inoltre, le alleanze “a geometria variabile” (Pd-M5S in Lombardia e Pd-Azione-Italia Viva in Lazio) non si sono dimostrate efficaci nel contrastare il centrodestra. Agli occhi degli elettori non sono risultate credibili. In futuro ci vorranno accordi politicamente convincenti tra le forze politiche dell’opposizione, altrimenti continuerà a non esserci partita per un periodo nient’affatto breve.

Il dato che ha veramente stupito, però, è un altro. La maggioranza degli oltre dodici milioni di elettori delle regionali di Lombardia e Lazio non ha risposto alla chiamata alle urne. Gli esperti di statistiche dicono che si tratta dei peggiori dati di sempre, perché il crollo della partecipazione è di proporzioni enormi. Nel 2018 aveva votato il 73,81% (Lombardia) e il 66,55% (Lazio) degli aventi diritto. Questa volta – con i seggi aperti anche il lunedì mattina a differenza della precedente – l’affluenza si è fermata al 41,61% e al 37,20%. Circa trenta punti di scarto in entrambe le situazioni. Nel 2018 il voto regionale era stato abbinato alle politiche: un fattore oggettivamente rilevante ai fini del confronto tra le due tornate. Ma questa constatazione non toglie nulla al dato nudo e crudo. Anche perché stiamo parlando di due Regioni particolari: la Lombardia, economicamente e demograficamente la più grande del Paese; il Lazio, che comprende la capitale d’Italia. Insomma, c’è molto poco di “locale” in quel che è accaduto.

Il crollo dell’affluenza, in una tornata di voto regionale così significativa, forse dovrebbe stimolare qualche riflessione sull’autonomia differenziata. Alla prova dei fatti – mi riferisco in particolare alla Lombardia – la prospettiva dell’autonomia non sembra affatto mobilitare l’elettorato. Forse la disaffezione al voto è legata anche alle dinamiche interne agli schieramenti, che risultano un po’ troppo autoreferenziali, ripiegati su sé stessi, e l’elettorato non trova proposte politiche capaci di mobilitarlo almeno nella chiamata alle urne.

In ogni caso, l’astensione è una questione sempre più seria, che si inscrive in un processo di progressiva e costante erosione della partecipazione elettorale dei cittadini. Di essa si devono fare carico tutti i partiti, anche quelli che legittimamente rivendicano la vittoria nei seggi che rischiano sempre più di “vincere nel deserto”. Con l’astensione i cittadini pongono una questione “di sistema” alla Repubblica, che tocca la stessa democrazia. E appare sempre più chiaro è che non basta più appellarsi genericamente alla “responsabilità” richiamando il “dovere morale della partecipazione”. È evidente che si sta inceppando – o si è già inceppato – qualcosa nel rapporto tra cittadini e istituzioni e che bisogna porvi rimedio con urgenza.

Alessio Magoga

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