Editoriale
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Li amò sino alla fine

L'editoriale del direttore don Alessio Magoga.

Li amò sino alla fine

Qualche mese fa le cinque suore “Missionarie della Carità” di Aden, nello Yemen, vittime lo scorso 4 marzo di un sanguinoso attentato che è costato la vita a quattro di loro, avevano inviato una lettera alle consorelle della casa di Roma. Rileggendola ora, questa lettera acquista un significato molto più profondo, quasi profetico. Vale la pena ascoltarla con il cuore, parola per parola: “Ogni volta che i bombardamenti si fanno pesanti noi ci inginocchiamo davanti al Santissimo, implorando Gesù misericordioso di proteggere noi e i nostri poveri e di concedere pace a questa nazione. Non ci stanchiamo di bussare al cuore di Dio confidando che ci sarà una fine a tutto questo. Mentre la guerra continua, ci troviamo a calcolare quanto cibo potrà essere sufficiente. I bombardamenti continuano, le sparatorie sono da ogni parte e abbiamo farina solo per oggi. Come faremo a sfamare domani i nostri poveri? Con fiducia amorevole e abbandono totale noi cinque corriamo verso la nostra casa di accoglienza, anche quando il bombardamento è pesante. Ci rifugiamo a volte sotto gli alberi, pensando che questa sia la mano di Dio che ci protegge e poi corriamo di nuovo velocemente per raggiungere i nostri poveri, che ci attendono sereni. Sono molto anziani, alcuni non vedenti, altri con handicap mentali o fisici. Immediatamente iniziamo il nostro lavoro, puliamo, laviamo, cuciniamo utilizzando gli ultimi sacchi di farina e le ultime bottiglie di olio, proprio come nella storia del profeta Elia e della vedova (1 Re 17, 9-24). Qualcuno suona al nostro cancello: è un uomo che noi non conosciamo; ha portato del pane fresco, nonostante le sparatorie e i bombardamenti. Ha lasciato il pane e se ne è andato. Possiamo soltanto dire, con le lacrime agli occhi: grazie Gesù! Le nostre scorte di cibo diminuiscono giorno dopo giorno e noi affidiamo ogni nostra necessità al Signore, ma umani come siamo ci preoccupiamo… Un altro giorno ci siamo accorte all’improvviso che le medicine erano terminate... E ancora, qualcuno suona al cancello: è un uomo con una scatola di medicine, proprio quelle di cui abbiamo bisogno. Ringraziamo il Signore. Questi sono pochi esempi dell’amorevole Provvidenza Divina. Dio non può mai essere da meno con generosità, fino a quando rimaniamo con Lui e i suoi poveri. Quando i bombardamenti sono pesanti ci nascondiamo sotto le scale, tutte e cinque, sempre unite. Insieme viviamo, insieme moriamo, con Gesù, Maria e la nostra Madre (Teresa di Calcutta)”. Per la loro fiducia nella Provvidenza e per l’amore che le stringeva agli ospiti della loro casa, non hanno voluto andare via ed hanno scelto di condividere gioie e sofferenze, rimanendo con loro sino alla fine. Come Gesù, che amò i suoi discepoli “sino alla fine” (cfr. Gv 13, 1), cioè fino a dare la vita per loro. Colpisce il fatto che delle quattro suore rimaste uccise non sono occidentali. Due provengono dal Rwanda: una nazione che è stata evangelizzata solo un secolo fa – come il vicino Burundi, nel quale diversi missionari della nostra diocesi hanno portato il loro contributo all’evangelizzazione – e la cui giovane chiesa oggi offre già dei missionari martiri. Colpisce il fatto che siano donne: donne di fede, donne che hanno saputo mettersi al servizio degli ultimi, donne coraggiose... Certamente molto più coraggiose di chi – uomini armati e fanatici – le ha uccise. Molto più coraggiose di noi, cristiani complicati e un po’ tiepidi dell’Europa. La loro testimonianza deve provocarci e deve farci guadagnare una visione più essenziale e decisa della nostra vita di fede, a volte bloccata nella palude dell’indifferenza o del “politicamente corretto”. Non dobbiamo dimenticare quanto ebbe a dire Giovanni Paolo II: “Sono i martiri gli annunciatori e i testimoni per eccellenza” (Redemptoris Missio, n. 45). Che la loro testimonianza ci faccia un po’ vergognare della nostra tiepidezza e ci provochi ad una fede più grande, ad uno slancio di carità e di misericordia verso il prossimo più convinto e generoso.

Don Alessio Magoga

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