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Martiri, il cardinale Stella: «La fede unica loro arma»

Il ricordo di chi ha dato la vita per il Vangelo nella veglia organizzata da Sant’Egidio. Il porporato: «La loro vita sia per noi pegno di conversione».

Martiri, il cardinale Stella: «La fede unica loro arma»

Sono ore «dolorosamente insanguinate» quelle in cui si è riunita, nella sera del martedì santo, la Comunità di Sant’Egidio. Il cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il clero, ha evocato il sangue di Bruxelles, colpita al cuore dagli attacchi terroristici del 22 marzo. Trentuno morti e almeno 250 feriti raccontano una scia di sangue che sconvolge, ancora una volta, il cuore dell’Europa. A Santa Maria in Trastevere, i morti di Bruxelles sono stati ricordati per primi. Poi, la memoria è andata ai tanti cristiani che, in numerosi luoghi del mondo, sono fatti oggetto di persecuzioni, discriminazioni, privazione della libertà religiosa e della vita. (FOTO )

La Comunità di Trastevere, guidata dal cardinale Stella con il vescovo ausiliare Paolo Lojudice, affiancata dai fratelli cristiani delle diverse Chiese presenti a Roma (c’erano anglicani, luterani, metodisti, valdesi e ortodossi), ha pregato per la Chiesa del XXI secolo che, per stessa ammissione di Papa Francesco, è «Chiesa di martiri». Testimoni, «persone diverse, per sesso, età, storia personale, cultura di appartenenza e vocazione – ha ricordato il cardinale Stella che ha presieduto la veglia di preghiera -, ma accomunate evidentemente da qualcosa: l’esperienza di Cristo e della vita secondo il Vangelo».

Ecco quindi Anselm, Judith, Marguerite e Reginette, le quattro suore Missionarie della Carità uccise in Yemen la mattina del 4 marzo. Tutti i martiri sono chiamati per nome a Santa Maria in Trastevere. A leggere le loro storie, il parroco monsignor Marco Gnavi e Alberto Quattrucci della Comunità di Sant’Egidio. Sono poco meno di novanta nomi senza considerare quelli di centinaia di sconosciuti, morti ammazzati in odio alla fede cristiana. «Non vogliamo limitarci a ricordare grandi uomini o grandi donne che hanno compiuto gesta straordinarie, che noi “comuni mortali” possiamo solo ammirare – ha continuato nella sua omelia il cardinale Stella -. Gli eroi si ammirano da lontano, i martiri invece si imitano, guardandone la vita, dopo averne conosciuto la morte».

Don Giuseppe Diana, padre Pino Puglisi, don Graziano Muntoni, don Renzo Beretta. E ancora padre Lazzaro Longobardi, amico dei poveri e degli immigrati, ucciso il 2 marzo del 2014 a Sibari. «Contempliamo la forza umile e generosa di queste donne e di questi uomini che hanno vissuto la lotta per conquistare il Regno di Dio. Si sono lasciati disarmare da ogni altra difesa che non fosse la loro fede, la carità, la fiducia nella potenza della preghiera, il gusto – tutto cristiano – della vittoria sul male con il bene, sino all’amore per i nemici». Tanti martiri anche in Africa: in Algeria, i monaci trappisti di Notre Dame de l’Atlas e tutti coloro che hanno creduto all’incontro fraterno con l’islam, a costo della propria vita; come i 21 copti ortodossi egiziani, rapiti a Sirte e poi barbaramente decapitati nel febbraio del 2015. Stessa sorte toccata, sempre per mano delle milizie di Daesh, ai 28 cristiani etiopici ortodossi, decapitati ad aprile 2015.

«La preghiera dei martiri e la loro estrema solitudine sfida la nostra preghiera – ha concluso il cardinale Stella -. Non possiamo volgerci altrove. Ciascuno dei loro nomi è come un grido verso di Dio e verso l’umanità. Ovunque e in tutti i contesti, possiamo scorgere la resistenza al male dei figli del Vangelo». Infine, il riferimento alla Settimana Santa appena iniziata: «Ciascuno dei martiri che ricordiamo oggi accompagnerà in questi giorni la memoria dell’ultima Cena, la lavanda dei piedi, la via dolorosa della Croce, riempiendo di forza e di attesa il cammino vero la Risurrezione. Che la loro morte e la loro vita sia pegno per noi tutti di conversione e una chiamata personale a incontrare nel Sacramento della Riconciliazione il perdono, che ci offre l’infinita misericordia del Padre».

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