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PASTORALE DELLA SALUTE: per gli anziani “un controllo di vicinato”

Per prevenire e contrastare la solitudine

PASTORALE DELLA SALUTE: per gli anziani “un controllo di vicinato”

Solitudine e isolamento. Per un anziano che vive solo, è un attimo scivolare in questa condizione. Basta perdere un po’ della propria autonomia, magari a causa di un’influenza.

È a questa realtà sempre più frequente nel nostro territorio - vuoi per l’aumento dell’età media, vuoi per la nuova organizzazione sociale che vede gli anziani sempre meno conviventi con i parenti - che la pastorale della salute diocesana sta prestando attenzione da qualche tempo. È del 2017 il convegno dal titolo “Anziani: risorse, fragilità e attenzioni”. «Vorremmo iniziare – disse allora il responsabile don Roberto Camilotti - a partire da singolo Comune o da qualche unità pastorale, un nuovo lavoro di ricerca sugli anziani: chi sono, dove sono, chi si prende cura di loro. Una ricerca non solo sociologica, ma che metta al centro la persona. E poi realizzare un secondo convegno sul tema».

La pandemia ha bloccato il percorso ma l’attenzione al tema non è venuta meno. Anzi. L’intento è di dare vita a una collaborazione tra istituzioni e volontariato e di smuovere risorse che già esistono all’interno delle comunità, per promuovere un controllo di vicinato non rivolto agli estranei che ci minacciano, ma agli anziani che sono in difficoltà. E in questo progetto un ruolo determinante lo hanno i ministri straordinari dell’Eucaristia, ottocento in diocesi, che dovrebbero diventare sempre più ministri della carità, costruttori di relazioni, persone di collegamento tra anziani e comunità, sentinelle delle situazioni di disagio.

Tutto questo senza dimenticare l’importanza delle case di riposo: «Tali strutture - spiegava il vescovo Corrado lo scorso febbraio in occasione di un incontro con i referenti delle strutture del territorio diocesano - costituiscono una risorsa estremamente importante per la cura e l’accompagnamento di persone anziane che difficilmente potrebbero essere seguite e curate in casa dai familiari. Mi capita di visitare frequentemente le case di riposo e mi pare che da un punto di vista strutturale e di qualità dei servizi erogati siamo su livelli elevati. Ma lavorare in casa di riposo è faticoso e spesso logorante per vari motivi: la prospettiva degli assistiti non è la guarigione, ma il declino progressivo; la vita si prolunga sempre di più e le condizioni di non autosufficienza si fanno più pesanti; i familiari richiedono un trattamento sempre più professionale; la necessità di personale e la scarsità di offerta non consentono di operare una selezione valutando le motivazioni individuali. Certo, ci sono operatori che a seguito del contatto continuo con gli anziani trovano le motivazioni per il proprio servizio, ma questo non accade per tutti». Da qui l’esigenza di individuare percorsi nuovi per l’umanizzazione del servizio. FC

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