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CENSIS 2023: RICOSTITUIRE LO SCIAME

L'editoriale del direttore, don Alessio Magoga

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CENSIS 2023: RICOSTITUIRE LO SCIAME

“Ciechi dinanzi ai presagi”: è questa una delle immagini con cui il Censis, nel suo annuale rapporto presentato pochi giorni fa, fotografa la società italiana. “Alcuni processi economici e sociali largamente prevedibili nei loro effetti – si legge nelle pagine iniziali dell’indagine – sembrano rimossi dall’agenda collettiva del Paese, o comunque sottovalutati. Benché il loro impatto sarà dirompente per la tenuta del sistema, l’insipienza di fronte ai cupi presagi si traduce in una colpevole irresolutezza”. Detto altrimenti, tutti sanno quali sono i problemi che assillano il Bel Paese: primo fra tutti quello demografico, che vede aumentare progressivamente l’età media della popolazione, sempre più anziana, e la conseguente diminuzione di giovani in età lavorativa... Ciò nonostante, sembra che nessuno si attivi realmente per affrontarli: non lo fa la politica, ma nemmeno la società nelle sue varie articolazioni, neppure i singoli cittadini.

Il Censis, pertanto, parla di una sorta di “sonnambulismo” in cui sembra caduta la nostra società: “Un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali, di lungo periodo, dagli effetti potenzialmente funesti”. Il sonnambulo – restando all’immagine, forse non del tutto azzeccata, del Censis – si muove, agisce, fa, ma senza avere piena consapevolezza di quello che gli accade attorno, senza una strategia e senza degli scopi precisi da perseguire: così anche la società italiana in questo 2023 che ci stiamo lasciando alle spalle.

Una reazione collettiva e riflessa, da parte degli italiani, per rispondere alle sfide attuali, quindi, non c’è. Sembra piuttosto prevalere un chiudere gli occhi, un guardare dall’altra parte, un ripiegare su “desideri minori”. La tecnica di adattamento – per restare ad un’altra immagine scelta del Censis – sembra quella dello “sciame”, costituito dalle mille risposte individuali che ogni singolo cittadino mette in atto per cercare di sopravvivere in questa fase storica: uno sciame, però, che “oggi appare disperdersi, distaccando dietro di sé mille scie divergenti”. Insomma, ognuno va per la sua strada, salvando il salvabile, senza un progetto complessivo, senza una visione globale di società o di nazione. Forse anche per questo i giovani continuano ad andarsene dall’Italia, che resta un Paese più di emigrazione che non di immigrazione: sono quasi 6 milioni i cittadini italiani residenti all’estero, contro i 5 milioni di cittadini stranieri residenti in Italia.

Tutto male, quindi? Stando al rapporto Censis, sembrerebbe proprio di sì (quest’anno, tra l’altro, non si apre alcuno spiraglio di speranza nemmeno nelle battute conclusive delle “Considerazioni generali” del Rapporto, come invece avveniva di consueto!). A nostro avviso, però, qualche piccola luce c’è. Se è vero che il “ronzio di fondo” è quello appena ora tratteggiato, qualche segnale di speranza viene da altri indici che segnalano, ad esempio, l’aumento dell’occupazione (il Censis parla di una vera e propria “inversione di ciclo dell’occupazione”), il forte rilancio del comparto turistico (ormai vicino ai numeri precedenti al tempo del Covid), l’aumento dell’export verso Paesi al di fuori dai confini europei, la crescita della propensione al risparmio... Anche nell’ambito della rivendicazione dei diritti civili, c’è qualcosa di interessante: al netto dell’emotività collettiva, che si mobilita ora qua e ora là a seconda delle emergenze e dei casi più mediaticamente esposti, il riconoscimento della cittadinanza italiana ai minori stranieri attraverso lo “ius soli” o lo “ius culturae” è ormai guardato con favore da oltre il 70% degli italiani. Non tutto è perduto, quindi, anche se è sempre più urgente agire per una visione comune di Paese e, dalle mille scie, si ricostituisca – come ci insegnano le sagge ed operose api – un unico “sciame”. 

Alessio Magoga

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