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IL MONDO IPER-CONNESSO HA SCOPERTO LA SUA FRAGILITÀ

L'editoriale di questa settimana.

IL MONDO IPER-CONNESSO HA SCOPERTO LA SUA FRAGILITÀ

Il Coronavirus – che ora ha un nome: Covid-19 – ha paralizzato il mondo. Non solo colpisce le singole persone facendo stragi, ma pur essendo per ora circoscritto sostanzialmente in Cina, in realtà è stato capace di colpire il mondo intero. Ci ha obbligati a tirare su dappertutto sbarramenti di difesa. Aboliti i voli per la Cina. Navi bloccate nei porti. A Venezia, in pieno periodo di Carnevale, mancano i turisti. A Barcellona si è dovuto rinunciare al congresso internazionale della telefonia mobile anche perché una buona parte dei clienti sarebbe arrivata dalla Cina. È comprensibile il terrore che ha invaso il mondo. È in pericolo la vita dell’umanità. Ma questa tragedia ci può svelare anche in che mondo stiamo vivendo. Grazie agli sviluppi straordinari dei mezzi di informazione e di movimento, il mondo è diventato estremamente permeabile e mobile. Tutto è diventato connesso, come ama ripetere papa Francesco, viviamo sempre più fianco a fianco e, proprio per questo, il germe mortale che si trasmette da persona a persona può diffondersi in breve tempo in tutto il mondo. Lo sviluppo che ci offre vantaggi e possibilità, inimmaginabili nei secoli passati, ci ha resi anche più vulnerabili. In fretta abbiamo dovuto invertire la rotta e limitare drasticamente i contatti e i movimenti. Ma ci si è resi conto che non bastano le chiusure e le quarantene imposte con forza. Un male del genere contro il quale non abbiamo ancora difese efficaci può facilmente scavalcarle. La superiorità di sviluppo e di benessere economico non è garanzia sicura di non essere toccati.

E' vero che se il contagio si allargasse oltre la Cina, sarebbero le zone più povere del pianeta ad essere più devastate, ma anche i Paesi ricchi non avrebbero difese efficaci. E così è esploso un grande movimento di solidarietà almeno nel settore della sanità. Le rivalità internazionali sono state messe da parte e si collabora unendo gli sforzi per identificare meglio le caratteristiche del virus e i tentativi di trovare il modo di combatterlo con efficacia. Anche il regime cinese, sempre in atteggiamento di chiusura nei confronti del resto del mondo e di aggressività per sfruttare tutte le possibilità a proprio vantaggio, è stato costretto a chiedere aiuto e ad aprirsi alla collaborazioÈ ne. Ci sono anche esempi di dedizione personale fino al sacrificio della propria vita, come il caso del dottore Li Weliang che è stato il primo a lanciare l’allarme e poi a prodigarsi per curare i malati rimanendo contagiato in maniera grave. Ma chissà quanti altri gesti del genere ci sono nelle zone dove la nuova peste imperversa. La speranza è che questa tragedia apra gli occhi e faccia capire che il mondo rimane sempre fragile nonostante i progressi e le conquiste, anzi, per certi aspetti ancora più fragile. Perché se sono state vinte molte battaglie, si sono aperti altri fronti più micidiali di quelli superati. È il possibile collasso del nostro pianeta sotto l’aggressione di una attività produttiva insensata che costituisce oggi il pericolo più grave. Ma restano aperti ancora vecchi fronti di rischi globali incombenti, come la produzione di armi di distruzione di massa che ancora continua. Qui la collaborazione e la solidarietà fa fatica a nascere. Ancora impera tra gli Stati la ricerca del proprio immediato interesse, ignorando i pericoli comuni. Ancora prevale la logica di aumentare la propria potenza, sottomettendo gli altri, come garanzia della propria sicurezza. Non c’è speranza per l’umanità se si continua su queste strade. Sarebbe meglio capire, senza le sofferenze provocate da questo tremendo virus, che solo la solidarietà e la collaborazione, espressioni dell’amore reciproco, possono salvare la nostra povera grande umanità. Tuttavia impariamo anche da questa tragedia la strada che dobbiamo percorrere.

Gianpietro Moret

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