Editoriale
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UN FECONDO SCAMBIO ECCLESIALE

La lettera del vescovo Corrado, dopo la visita in Brasile

UN FECONDO SCAMBIO ECCLESIALE

Carissimi fratelli e sorelle, a pochi giorni dal ritorno dal Brasile desidero condividere, anche se in maniera molto breve e sintetica, l’esperienza del viaggio appena compiuto. Anzitutto devo dire che si è trattato di una cosa davvero opportuna. Nei confronti di don Marco Dal Magro, noi avevamo un “debito” che non avevamo potuto onorare. Ci eravamo impegnati, infatti, a inviare, di quando in quando, delle persone della nostra diocesi che garantissero una certa presenza accanto a lui, accompagnandolo nel suo ministero in terra brasiliana. Di fatto ciò si era potuto realizzare soltanto con la presenza, nei primi mesi, di don Egidio Menon. Successivamente la pandemia ha impedito altre presenze. Il mio viaggio ha voluto essere un segno della vicinanza che la nostra diocesi mantiene nei suoi confronti.

È una vicinanza che – come ho potuto constatare – avviene anche attraverso varie forme telematiche: le trasmissioni de La Tenda Tv, gli articoli su L’Azione, la comunicazione puntuale sull’applicazione Telegram (“Il missionario brasilero”). Si tratta di relazioni certamente molto importanti che mantengono un ponte continuo tra Vittorio Veneto e Livramento come mai si era realizzato in passato. E tuttavia la presenza fisica del vescovo acquistava un significato tutto particolare che è stato davvero molto apprezzato sia da don Marco sia da mons. Armando Bucciol, sia da tante persone che abbiamo incontrato. Tra questi metto al primo posto i genitori di don Nicivaldo Oliveira (il prete della diocesi di Livramento che svolge il suo ministero a Oderzo e nell’Ufficio missionario diocesano) che doverosamente siamo andati a incontrare e salutare.

Qualche giorno prima di partire ero stato a incontrare i genitori di don Marco. Anche loro, come i genitori di don Nicivaldo, vivono con spirito e sensibilità davvero esemplari la missione in terra lontana del loro figlio. Tornando a don Marco, posso dire che il suo inserimento è stato davvero molto positivo. Oltre ad essersi impadronito in breve tempo della lingua locale, sta vivendo una relazione pastorale veramente bella e apprezzata con la gente di Tanhaçu. È una parrocchia di circa 20 mila abitanti composta da un centro e da una trentina di comunità sparse in un territorio poco più piccolo della nostra diocesi, ognuna con la sua chiesetta e con i rispettivi responsabili. Ovviamente le difficoltà non mancano, ma ho notato un ottimo rapporto di contatto e di confronto con il vescovo mons. Armando che, ovviamente, ha un occhio di particolare attenzione per questo giovane prete che viene da Vittorio Veneto.

Mi ha colpito, inoltre, assai positivamente quanto dicevano, parlando di don Marco, alcuni preti locali che ho incontrato assieme al vescovo: “È uno di noi!”. Questa sintonia creatasi immediatamente mi pare sia un segno del buon inserimento che don Marco ha saputo realizzare. Nei giorni trascorsi con lui – tra un incontro e l’altro di cui ovviamente non posso qui dare resoconto – si è auspicata la possibilità che, chiuso il tempo della pandemia, possano realizzarsi degli “scambi” di visite da parte di piccoli gruppi di persone sia dalla nostra diocesi verso il Brasile sia dalla diocesi di Livramento verso la nostra. Sarà certamente da pensare al modo, ma questa ipotesi rientrerebbe nel progetto di quello scambio tra chiese che ha originato la partenza di don Marco e di don Nicivaldo. Mi pare quindi una buona idea: speriamo che sia possibile darvi attuazione.

Concludo ringraziando vivamente Augusta Buogo, dell’Istituto di S. Raffaele, che mi ha accompagnato. La sua conoscenza del Brasile, dove ha svolto un servizio missionario durato parecchi anni, mi è stata molto preziosa. Ringrazio anche l’Ufficio missionario, in particolare Mariagrazia, che mi ha validamente supportato dal principio alla fine del viaggio. Ringrazio soprattutto il Signore per questa esperienza di “scambio” ecclesiale che stiamo vivendo e che ci aiuta a mantenere vivo il senso di universalità e di missionarietà che devono caratterizzare la nostra esperienza di Chiesa. Esprimo infine un desiderio e una invocazione al Signore: che anche attraverso questa esperienza possano maturare, nella nostra diocesi, nuove vocazioni consacrate e missionarie, continuando la grande tradizione che ha caratterizzato la nostra Chiesa.

+ Corrado, vescovo

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