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STELLA: ambiente, facciamo tutti la nostra parte

L'omelia alla messa di ringraziamento

STELLA: ambiente, facciamo tutti la nostra parte

Domenica scorsa, 7 novembre, a Pieve di Soligo è stata celebrata la Giornata provinciale del Ringraziamento. La messa in duomo è stata presieduta dal cardinale Beniamino Stella. Pubblichiamo la sua omelia. Nel nuovo numero dell'Azione un servizio sull'evento.

Con gioia nel cuore siamo riuniti intorno all’Altare del Signore, nel Duomo di Pieve di Soligo in occasione della 71° Giornata Provinciale del Ringraziamento del mondo agricolo. È una circostanza quanto mai opportuna, per manifestare il nostro amore alla terra, generativa di nuova vita, e la nostra gratitudine a Dio, Creatore e Padre, come esprimono quell’uomo e quella donna, ritratti nel bel manifesto di questa Giornata, raccolti in preghiera, in un attimo di sosta e di lode a Dio nel campo che lavorano, per la fecondità del Creato e per i frutti donati.

In questo contesto di preghiera, mi piace ricordare il significativo ruolo della Confederazione Nazionale Coldiretti della Marca Trevigiana, nell’animare questa giornata, cominciando con la Liturgia eucaristica. Essa, all’articolo 1° del suo Statuto recita infatti: “ La Coldiretti ispira la propria azione alla storia e ai principi della scuola cristiano-sociale”.

Passando alle letture che la liturgia ci ha proposto oggi, direi, innanzitutto, che l’essere qui per il Ringraziamento annuale è espressione della riconoscenza che viene dal cuore, del  nostro mettere al primo posto il buon Dio,  Creatore e Padre, buono con tutti, affidandoci con fiducia alla sua Provvidenza.

È anche un segno di umiltà. Noi siamo infatti “humus”, siamo umile terra, e ci innalziamo a Dio con la preghiera di gratitudine per i tanti doni costantemente ricevuti. E’, infine, un invito a un sempre più generoso impegno per la testimonianza di fede, anche attraverso una responsabile salvaguardia del creato, per amore dei fratelli e delle sorelle che lo abitano, e che lo abiteranno.(f9ot

I. La prima lettura ha narrato l’incontro di Elia con la vedova di Sarèpta, alla quale il Profeta ha garantito come dono da parte di Dio “la farina della giara e il fiasco dell’olio”: ingredienti semplici che ridanno vita e speranza alla povera donna, afflitta e rassegnata alla morte.

Come la vedova di Sarèpta, siamo anche noi cristiani chiamati a vivere in spirito di riconoscenza e gratitudine, come atteggiamento abituale e costante approccio alla vita. Il nostro grazie quotidiano va innanzitutto a Dio, Creatore del cielo e della terra, che ha preparato per noi una bella casa, il Creato, del quale siamo chiamati a essere responsabili, ciascuno per la parte che gli corrisponde.

Dono eminente di Dio è la terra che – se lavorata con amore, competenza e passione, come la nostra gente sa  fare – produce il necessario per vivere e dà anche a noi “la farina e l’olio”, che hanno provveduto a sfamare la vedova e suo figlio.

La nostra riconoscenza, poi, non può mancare per i fratelli e le sorelle che si dedicano a un generoso e paziente, non di rado faticoso lavoro quotidiano nell’ambito agricolo. Ognuno di noi può ricordare qualcuno, tra famigliari, amici, vicini di casa. Ogni giorno per altro, sulle nostre tavole gustiamo i frutti della terra e siamo forse abituati a ritenerli scontati. Essi possono però diventare per ognuno di noi occasione di ringraziamento e preghiera per quelli che, con la loro attività e il loro sudore, producono e rendono disponibili tali beni, così discretamente che quasi non ce ne rendiamo nemmeno conto.

II. Le parole del Vangelo presentano poi gli scribi che amano “avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti”, esempio di orgoglio e di superbia. In quei personaggi è il segno di una cultura della prevaricazione e dello sfruttamento – “divorano le case delle vedove” – che ancora  purtroppo “inquina” il mondo e la società.

La risposta di Gesù, però, è chiara – “Essi riceveranno una condanna più severa”.  La via che il Maestro indica come rimedio a tali atteggiamenti è quella dell’umiltà, che Papa Francesco ha definito «la via che porta in Cielo», ricordando che «la parola “umiltà” deriva dal termine latino humus, che significa “terra”. È paradossale: per arrivare in alto, in Cielo – dice il Papa -  bisogna restare bassi, come la terra!», ricordando infine che «Dio è innamorato dell’umiltà. Dio innalza chi si abbassa, chi serve» (Angelus, 15 Agosto 2021).

L’umiltà – virtù purtroppo un po’ “fuori moda” – è essere consapevoli dei propri limiti e delle proprie debolezze, non per affliggersi o lasciarsi vincere dallo scoraggiamento, bensì per vedere in essi l’occasione per invocare l’aiuto di Dio, per non lasciarci vincere dalla superbia e fare onestamente la nostra parte, accogliendo e aiutando chi ci sta vicino.

Il “nostro” Giovanni Paolo I, Papa Luciani, ha dedicato la sua prima Udienza da Pontefice il 6 Settembre del ’78 proprio all’umiltà, per ricordarne il valore insostituibile nella vita dei discepoli del Signore: «Io rischio di dire uno sproposito, ma lo dico: il Signore tanto ama l'umiltà che, a volte, permette dei peccati gravi. Perché? perché quelli che li hanno commessi, questi peccati, dopo, pentiti, restino umili. Non vien voglia di credersi dei mezzi santi, dei mezzi angeli, quando si sa di aver commesso delle mancanze gravi. Anche se avete fatto delle grandi cose, dite: siamo servi inutili» (Udienza Generale, 6 Settembre 1978).

 

III. Dalla gratitudine a Dio per quanto abbiamo ricevuto, dall’umile consapevolezza dei nostri talenti e delle nostre fragilità, nasce uno stile di vita nuovo, umile e evangelico, quello del diventare un dono, ciascuno a servizio degli altri, testimoniando la fede del cuore nella vita di ogni giorno.

La vedova del Vangelo dà al Signore tutto quello ha. In termini assoluti, non si tratta di una grande somma, ma per lei si è trattato di offrire tutti i propri mezzi di sussistenza, in certo modo la sua stessa vita. Quella donna semplice ci è maestra di vita spirituale, perché nella circostanza concreta ha fatto del proprio meglio, non si è confrontata con un bene astratto e impossibile, ma con le sue disponibilità concrete, ciò che era necessario per la sua sussistenza quotidiana..

È una domanda per ciascuno di noi in questa Giornata che riporta la nostra attenzione sul Creato e sulla natura. Faccio la mia parte, come cristiano e come cittadino per prendermi cura dell’ambiente e delle persone – l’ecologia integrale cara a Papa Francesco – che sono intorno a me? Se non facciamo come la povera vedova del Vangelo, infatti, ci potrebbe capitare di dire: “sono le grandi industrie a inquinare”, “ci sono Paesi nel mondo che non si curano dell’ambiente”, “spetta ai politici occuparsi di queste cose”, con il risultato di rinunciare a responsabilità che doverosamente ci appartengono, e di vivere come se non potessimo far nulla.

Essenziale è invece una conversione personale che sia anche ecologica, che ci porti cioè ad adottare abitudini e comportamenti quotidiani sostenibili e rispettosi del Creato, soprattutto – mi viene da pensare – in relazione allo spreco dei doni della terra, per i quali tanto qualcuno ha faticato. Perdonatemi se riporto due dati numerici, ma mi pare rendano più concreto il discorso. Un rapporto delle Nazioni Unite (United Nations Environment Programme, 2020) riferisce che a livello mondiale si sprecano circa 900 milioni di tonnellate di cibo ogni anno, e ogni italiano “contribuisce” a tale cifra con 65 kg. Ecco, in questi numeri vedo una “chiamata” a tradurre la nostra fede in un generoso impegno quotidiano, per amore di Dio, Signore del Creato, e del prossimo, soprattutto dei poveri e indigenti.

IV. Tali considerazioni possono forse assumere un rilievo particolare pensando al Beato Giuseppe Toniolo, le cui spoglie mortali riposano proprio qui, nel Duomo di Pieve di Soligo, città natale della moglie Maria Schiratti, dove egli volle espressamente essere sepolto, “così  - diceva - gli umili verranno a deporre un requiem sulla mia tomba”. 

Il giovane universitario, e poi a lungo professore di Economia, che voleva “farsi santo” - il Beato Toniolo, cristiano laico, oggi più che mai attuale con i suoi insegnamenti e la sua testimonianza di vita esemplare - ci ricorda con il suo pensiero e la sua azione – e lo cito - che “chi definitivamente recherà a salvamento la società presente non sarà un diplomatico, un dotto, un eroe, bensì un santo, anzi una società di santi”.

Non posso qui non rivolgere un grato pensiero anche all’intensa attività svolta ormai da anni dall’ “Istituto Diocesano Beato Toniolo e dalla iniziativa “Le Vie dei Santi”, impegnati insieme a Voi Coldiretti per la celebrazione dei questa Giornata del Ringraziamento.

Il ricordo del Beato Toniolo, alla cui intercessione ci affidiamo, è fecondo di futuro, guarda in avanti, diventa un saldo riferimento per affrontare le sfide delle cose nuove, del presente che ci interpella, del futuro che appartiene a tutti, anche per i lavoratori del mondo agricolo, alle prese con la complessità e le inquietudini di questioni decisive e globali.

Al tempo stesso, possiamo come comunità auspicare che si rafforzino scelte e stili di vita volti al rispetto e alla salvaguardia del Creato e di tutti gli esseri viventi per garantire all’intera umanità le possibilità di un’esistenza libera e dignitosa in un pianeta, salvato dall’inquinamento e dai gravi danni del cambio climatico, e vivificato e illuminato, invece, dall’annuncio di Cristo Risorto.

Dipende da noi, da ciascuno di noi. Questa Giornata del Ringraziamento possa diventare dunque anche la Giornata del nostro impegno a cambiare in profondità, a migliorare, a convertirci, per diventare santi come il beato Toniolo, protagonisti di un’umanità nuova, in pienezza, fortemente alleata con la Creazione, generata da Dio con amore di Padre.            

(foto: Istituto Toniolo Vie dei Santi

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