Il giornale dell'8 febbraio. Edizione digitale
Dimmi come mangi... ti dirò chi sei.
Gesù si congeda a mensa. Con gesti profondamente umani spartisce pane e vino con i suoi. E affida al cibo benedetto la continuità della Sua presenza (Io sono il pane di vita, Giovanni, 6, 35). Già questo scenario ci dice del valore universale e simbolico del mangiare assieme. In ogni cultura del mondo la convivialità fonda l’appartenenza, distingue le identità, stabilisce un vincolo comunitario. Talvolta il cibo indica la gerarchia delle persone e dei gruppi. Nelle vecchie famiglie patriarcali gli uomini di casa sedevano a tavola, mentre donne e bambini dovevano accontentarsi di un cantuccio ai bordi del focolare o disporsi sulle scale. Il dominio del patriarca era confermato dall’essere servito per primo, e della porzione più gradita. La società contemporanea ha abolito certi odiosi aspetti ma non le gerarchie. Nei banchetti ufficiali il grado d’importanza si misura sulle distanze dal tavolo delle autorità. Nella normalità delle famiglie da chi siede a capotavola, oggi padre e madre sono ai due capi. Sul pianeta, questa graduatoria è ancora purtroppo segnata dalla contrapposizione tra i popoli della sovrabbondanza e quelli dell’insufficienza alimentare.
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